La seconda regola dello «Zen e l’arte della manutenzione del furgoncino elettrico» dice: se parcheggi sbadatamente la tua macchina non elettrica vicino alla colonnina di ricarica sei uno stronzo.

E però poi la trovi, quella libera, a un passo dai Sassi, e passa tutto. E posso provare l’agognato cavo, solo una coincidenza vuole che mi trovi nei pressi del Sasso Caveoso. Giri l’angolo e la situazione sentimentale è questa:

La partenza da Potenza è iniziata con una bella discussione con Angelo, ingegnere, che si chiedeva perché i norvegesi con il petrolio hanno creato un fondo per investire in innovazione e energia pulita, mentre in Italia – e in Basilicata, soprattutto – sembra così difficile avere una strategia ambiziosa. Nei disastri ambientali siamo fortissimi, invece. Imbattibili.

La Basentana scorre lenta, sotto le ruote del mezzo che ha poca autonomia ma molta libertà. A una stazione di sosta, un maresciallo dei carabinieri mi offre un caffè, inizia a piovere sulle batterie salmastre ed arse. Mia figlia ha scoperto come si mandano i messaggi. E anche come si mandano gli emoji, milioni di emoji.

Risuona il «lentius, profundius, suavius» di Alex Langer, che porto con me, nel furgoncino, insieme ad altri titoli che con la sua “profezia” hanno un’amicizia stellare.

Viaggiare sul furgoncino elettrico è un’esperienza simile alla bicicletta, per l’andatura, per il silenzio, per il tempo che hai per guardarti intorno.

Con i saliscendi sembra che la batteria si ricarichi più di quanto si consumi, all’insegna di un curioso moto perpetuo, ma sai che non è vero e che prima o poi ti dovrai fermare.

E così Matera, poi Altamura, verso Bari. E quando pensi che le sorprese siano finite, scopri l’Agorateca, una biblioteca di comunità, in periferia, nel quartiere Carpentino, Altamura.

Da un laboratorio in disuso (e forse mai in uso) e dalla casa del custode, l’associazione Link ha recuperato uno spazio culturale, di aggregazione, un luogo della cultura.

People ha donato una copia di ogni titolo. Come Pollicino, lasciamo alle nostre spalle una traccia, per ritrovare la strada, e ritrovarci presto.

E nel giorno in cui muore Tiresia, l’Andrea Camilleri cieco che tutti noi abbiamo letto e citato, che è entrato nel nostro immaginario, è ancora una volta profezia, la parola. Che ha a che fare con il futuro, con la visione e anche con la verità. Una verità minuscola, laica e però necessaria.

Nel suo nome, andiamo a Bari, dove ci attende Leonardo Palmisano per parlare di Fine e di Ascia nera. In un parcheggio, in periferia, questa sera, a partire dalle 19. Vi aspettiamo.

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