Ormai sappiamo che questo utilizzo dissennato delle risorse naturali non è più sostenibile sul lungo periodo e che tecnologie e fonti energetiche ecologiche, non inquinanti e rispettose dell’ambiente devono rappresentare una delle sfide chiave a livello mondiale per la società futura. Le piante sono maestre anche in questo: sono infatti «progettate» per sfruttare le risorse disponibili nel loro habitat, in modo da ridurre al minimo lo spreco energetico. Ma c’è molto di più: di recente io e il mio gruppo di ricerca abbiamo fatto una scoperta dalla portata potenzialmente rivoluzionaria. Abbiamo dimostrato sperimentalmente che le piante sono in grado di produrre elettricità. L’umanità potrebbe avere dunque a disposizione una nuova fonte di energia letteralmente verde, perfettamente integrata negli ecosistemi naturali e accessibile in tutto il mondo, in grado di aiutarci a risolvere la sfida energetica del pianeta.
Da poco tempo è stato scoperto che il doppio strato di tessuto delle foglie di piante superiori, formato dallo strato più esterno, denominato cuticola, e dallo strato sottostante di epidermide, funziona come un condensatore che genera elettricità quando viene ripetutamente toccato. In altre parole, la superficie della foglia crea elettricità quando viene toccata da un dato materiale. […] Nel caso delle foglie, questo avviene perché il doppio strato cuticola-epidermide consente di convogliare cariche sulla sua superficie, con un processo chiamato «elettrificazione da contatto». […] Ovviamente siamo solo all’inizio di questa sfida, ma si aprono scenari fino a pochi anni fa semplicemente impensabili. […]
E allora credo che la sola cosa sensata da fare sia seguire l’esempio dei maestri: concediamoci di essere visionari come Darwin, Leonardo, Galileo. Poniamoci obiettivi che ci costringano a proiettarci oltre gli steccati, gli schemi e gli orizzonti che vorrebbero imprigionare il nostro sguardo.
Barbara Mazzolai, La natura geniale. Come e perché le piante cambieranno (e salveranno) il pianeta, Longanesi, Milano 2019, pp. 171-174.
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