E’ una lista provvisoria, in costante aggiornamento, ed è una lista imprecisa, che contiene sicuramente degli errori e assolutamente non esaustiva. E’ la lista delle 34.361 persone che, dal 1993 a oggi, sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa, o di rimanerci. La lista si allunga con un ritmo di crescita esponenziale, perché le morti non accennano a diminuire.

18 gennaio 2018
NN, bambino, 3 mesi. Morto di malnutrizione e febbre a bordo di una nave di una Ong che lo aveva salvato tra la Libia e l’Italia.

19 gennaio 2018
H., uomo, 23 anni, afghano. Morto suicida lanciandosi sotto un treno in Germania, per la paura di essere deportato.

22 gennaio 2018
NN, 3 bambini. Due sono morti quando l’imbarcazione che li trasportava si è capovolta nel tentativo di raggiungere l’isola di Mayotte. Il terzo risulta disperso.

27 gennaio 2018
Becky Moses, donna, 26 anni, nigeriana. Di Becky sappiamo molto, perché è morta in Italia, dopo esservi sbarcata il 28 gennaio del 2015, dopo aver visto diniegata la sua domanda d’asilo due anni dopo, aver dovuto abbandonare Riace. E’ morta bruciata viva nella baraccopoli di San Ferdinando.

E’ bastato seguire l’ordine cronologico delle morti per trovarne quattro che dicono tutto. Ribadiscono che con i salvataggi in mare non si scherza, mai. Mettono di fronte alla violenza delle deportazioni, alla paura, alle speranze infrante che cerchiamo di rendere tollerabili a noi stessi col nome gentile di “rimpatri”. Ricordano del passato coloniale europeo, un passato che per chi l’ha subito è il presente da cui fuggire. Materializzano davanti a noi la realtà dei fatti, una realtà fatta di sfruttamento delle donne straniere migranti, di sfruttamento del lavoro e delle persone, di irregolarità che genera grandi profitti per le mafie, per i caporali. Il volto di Becky Moses deve essere una sorta di sogno ricorrente per Mimmo Lucano. «Io vorrei chiedere – ha dichiarato ieri il sindaco di Riace – se è giusto quello che è successo a Becky. Io come sindaco ho un incubo nell’anima pensando che quella ragazza era in accoglienza a Riace e ha avuto due dinieghi ed è dovuta andare via; è stata costretta a ritornare nella tragedia del suo paese ed è finita a San Ferdinando per poi morire. Ma chi ha pagato per lei?».

In diversi paesi europei si sta cercando di dare un senso a questo elenco infinito di nomi e di NN (nescio nomen), dandole un corpo, una forma cartacea, e utilizzandola come manifesto vivo – per quanto ci ricordi la morte – della nostra indifferenza. Oggi, quella lista, l’ha letta per intero Gipi, al festival di Internazionale.

Quel che sta facendo il nostro paese è istituzionalizzare tutto ciò, attraverso un decreto terribile, che analizziamo e smontiamo articolo per articolo ne «Il capitale disumano».

Giuseppe Civati

Stefano Catone

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