Vorrei ringraziare tutte le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini che, da un molo siciliano a una piazza milanese, hanno manifestato, manifestando prima di tutto se stessi, per dire a tutti che in Italia e in Europa non c’è esclusivamente la prospettiva di un’alleanza tra autoritari, nazionalisti e fascistoidi.

Per la prima volta dopo molto, troppo tempo, da Catania a Milano, passando per Rocca di Papa, si è sentito il controcanto dei cittadini italiani che non la pensano come chi sta al governo.

All’inizio, ovviamente, pochissimi. Poi sempre di più. Spontaneamente, con urgenza, potremmo dire. E il cittadino che a Rocca di Papa spiega, con parole semplici, perché sta dalla parte dei migranti e non dei fascisti, sintetizza questo modo di sentire, meglio di tutti, a nome di tutti.

Un conto però è sentire, un conto è uscire dalla propria casa e dalla propria bolla e manifestarsi con la propria presenza. Politicissima. Dimostrare che non c’è solo un punto di vista, verso il quale tutti – altrimenti – scivoliamo. Così come è importante notare che anche sul web e sui social le persone si stanno impegnando a non fargliela passare liscia, potremmo dire, a non lasciar perdere di fronte a tutte le volgarità, gli eccessi, le fake che si leggono, spesso da account che non sono nient’altro che replicanti di un’unica fonte.

Non è facile, perché il paese, come è accaduto ogni volta, è in luna di miele (meglio, di fiele) con il governo che si è appena insediato. La questione, d’altra parte, è culturale e viene da lontano. Per anni abbiamo consentito che di alcune questioni si parlasse in un certo modo: è curioso, ad esempio, che tutti si sorprendano, per via di un video citato dal Papa, delle torture in Libia. Le abbiamo permesse, sostenute e finanziate, come personalmente ho denunciato in mille (letteralmente mille) occasioni. Il problema, quindi, è profondo e non si risolve certo con una piazza o con una manifestazione. E questo controcanto non è ancora l’opposizione, certo che no. E non è sufficiente farla sulla questioni legate alle migrazioni. Certo che no. Però segnalo che banalizzare ciò che sta accadendo anche dalla nostra parte sarebbe un errore di quelli imperdonabili.

Ora questa spontaneità va accompagnata e sostenuta, anche da chi siede in Parlamento. E si deve trovare il modo di raccontare qualcosa di diverso, per contrastare ciò che c’è e superare ciò che è stato. È come l’inizio di un viaggio, chi lo farà, alla fine, non sarà più lo stesso di quando è partito: e questo è anche l’unico modo per rappresentare qualcosa che possa sembrare convincente, per le persone che poi andranno a votare.

La prossima tappa, per me e per noi, sarà a Torino, dove ci vedremo, l’8 settembre, per discutere insieme di come organizzare e strutturare questo lavoro. Di opposizione, di controinformazione e anche di prospettiva, se sarà possibile. E sarà possibile solo se non sarà un «calcolo» a muovere le persone, ma un’esigenza che sentono profondamente e che intendono condividere. Solo così usciremo dai guai.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti