Lo scriveva Roberto Escobar:

Nel 2015, anno cui risalgono le statistiche più recenti, sono stati rimandati a giudizio per eccesso di legittima difesa 136 cittadini, poi prosciolti nel 90% dei casi. Dov’è l’allarme sociale? Dov’è il vuoto legislativo?

Eppure per il governo, in tutte le sue componenti, la legittima difesa è una priorità assoluta, tanto da porla come primissimo provvedimento del presunto «cambiamento». A proposito del quale, va fatto notare che la destra intende cambiare le leggi della destra, tuttora in vigore.

Come già per l’immigrazione, si scopre che le leggi che non funzionano o che è prioritario riformare sono retaggio dell’attività di governo della destra, che nel caso della legittima difesa festeggiò la propria riforma nel 2006. Il sedicente centrosinistra non le ha cambiate o, nel caso in questione, le ha pasticciate, aprendo ancora una volta la strada a posizioni e argomenti cari alla destra, soprattutto quella più estrema.

Ora lo stesso Salvini nega che continuare a parlarne significhi voler armare di più gli italiani: curioso per un candidato premier che si è fatto fotografare con un’intera armeria, che ha partecipato alle fiere delle armi, come quella di Vicenza, sottoscrivendo un «contratto» con la «lobby» delle armi, mentre tutto intorno bambini delle elementari imbracciavano fucili. Ora dice di essere preoccupato dalla diffusione delle armi. Strano.

Dice che il suo modello non sono gli Stati Uniti, ma la Svizzera, il paese europeo in cui è maggiore la percentuale di cittadini che posseggono un’arma da fuoco. E che da anni discute della riduzione della diffusione delle armi, perché è opinione di molti che sia il caso di evitare che queste armi, come la pistola di Čechov, esplodano poi colpi contro le persone. Esattamente il contrario di ciò che sta accadendo in Italia, con la complicità dei 5 stelle – un tempo duramente disarmisti – e un presidente del Consiglio che esprime un’opinione cautissima («credo che possedere un’arma e tirarla fuori in certe circostanze aumenti addirittura i rischi») che non pare essere affatto quella del suo ministro dell’Interno.

A che cosa serve continuare a parlarne, se non ad aumentare quell’urgenza di violenza che sembra costituire il filo nero della propaganda della destra italiana? A che cosa mira, se non a alimentare la convinzione che tutto debba essere drammatizzato, quando si tratta di paura, quando i dati ci dicono che i reati sono in costante diminuzione, negli ultimi anni?

Non si tratta di promuovere la legittima difesa, o addirittura di scardinarla, come propongono anche Fi e Fdi, per autorizzare sparatorie ben poco legittime. Si tratta di promuovere una cultura del tutto irresponsabile, interessata per alcuni – chi le armi le vende -, speculativa per altri, che peraltro minimizzano l’enormità rappresentata dall’uccisione di una persona e sottovalutano il rischio che, in presenza di un maggior numero di armi, aumentino anche gli episodi tragici.

Un tempo tutto questo era considerato sbagliato, di più, indifendibile, nel paese dove la criminalità è armatissima, in una società che ha conosciuto lunghi anni di terrorismo e di strategia della tensione. Ma, si sa, la memoria è un intralcio.

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