Sulla punta di Cavallo Bianco, che si sporge dalla costa sud dell’isola, nel 2008 è stata realizzata la Porta d’Europa. Un arco che si affaccia sul mare, con segni che evocano le tragedie del mare. Ricorda moltissimo la Porta del non ritorno eretta a Ouidah, nel Benin, sulla riva dell’Oceano Atlantico, a ricordare i milioni di schiavi deportati dall’Africa. A viaggiare, anche oggi sono sempre schiavi. Schiavi di dittature, di governi infami, di guerre e di povertà, che con il trascorrere degli anni tentano, sempre più numerosi, di fuggire dal loro presente in cerca di qualche futuro.

L’arco di Ouidah indica un non ritorno, quello di Lampedusa, a volte, un non arrivo.

Marco Aime, L’isola del non arrivo. Voci da Lampedusa, Bollati Boringhieri.

Anche per Marco Aime, voi sapete, noi sappiamo tutto ciò che c’è da sapere: «i negrieri sono pagati da noi», «ferite inimmaginabili» sui corpi torturati, che sono aumentate negli ultimi anni, la campagna contro le «buone azioni» e la «criminalizzazione della solidarietà», le donne violate («tutte le donne vengono violentate), il tradimento di tutte le convenzioni internazionali, da Ginevra a Amburgo e al principio di non respingimento, «confini» che valgono solo per i poveri perché i ricchi non se ne curano, la deriva della cosiddetta sinistra di governo, che si è messa a fare il gioco della Lega e del M5s, favorendo Lega e M5s («finalmente cattivi» anche loro, come titolava Feltri anni fa).

Tutto questo, come se fosse una carrellata di immagini (abbiamo anche le immagini, di tutto questo), è sotto i nostri occhi. Aime cita una celebre massima di Thor Heyerdal: «Di confini non ne ho mai visto uno, ma ho sentito che esistono nella testa di alcune persone».

I confini sì, gli esseri umani non più.

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