Lo ha raccontato benissimo Beatrice Brignone, ciò che sta accadendo nella Fabriano dimenticata, già Merloniland, ora esposta a tutti i venti della globalizzazione e della crisi. Fondi rapaci per management incapaci, banche che saltano, una politica industriale che non esiste più, una classe dirigente che preferisce evitare un luogo che è diventato infelice. Anche a Fabriano non sono mancate le promesse, in questi anni, e i salvataggi «miracolosi» (indovinate un po’ di chi è questa espressione…), ma la situazione è drammatica.

In gioco ci sono già Whirpool e Tecnowind, ora si attende anche il piano industriale per le cartiere, dopo la vendita di qualche settimana fa. Fabriano, come altre comunità delle aree interne, dell’Appennino di questo paese troppo lungo, deve diventare la capitale morale della nostra campagna, perché non si perda la ricchezza di quel territorio, fatto di competenze e di cultura del lavoro, che stanno scivolando via. Abbiamo chiesto che Fabriano sia «zona franca» delle parate e delle conseguenti minchiate elettorali e che tutti si impegnino per attivare, come già accaduto altrove, un’area di crisi, senza guardare al colore politico di chi amministra Comune e Regione.

Lo avevo promesso qui, e dopo Fca e Ideal Standard, la campagna si svolgerà soprattutto attraverso i luoghi del lavoro e dell’impresa. Non è una metafora, è una politica diversa, fatta di investimenti e di cura, l’unica che conta davvero.

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