Ecco il testo dell’appello, pubblicato oggi dal Fatto, che né la Camera, né il Senato hanno potuto discutere e votare, perché la doppia fiducia ha tolto la possibilità di farlo.

L’appello si intitola «Per un voto in più»: la maggioranza, con l’aggiunta di Berlusconi e Verdini e Salvini, ha voluto ci fosse «un voto in meno»: per i parlamentari, prima, per i cittadini, poi.

Ecco il testo firmato da Azzariti, Merlini, Onida, Pasquino, Pertici, Romboli, Viroli


La proposta di legge elettorale in discussione al Senato prevede un sistema misto in parte proporzionale (per circa due terzi) e in parte maggioritario (per circa un terzo), che contraddice gli obiettivi dichiarati, non consentendo adeguatamente né la rappresentanza né la semplificazione politica e la conseguente maggiore stabilità degli esecutivi.

La parte maggioritaria, limitata nel numero e suddivisa tra diverse liste di una coalizione (con tanti programmi quanti sono i partiti), non riesce a ridurre la frammentazione politico-partitica, ma soprattutto le modalità con cui i due sistemi elettorali sono collegati non consentono una adeguata rappresentanza, mettendo a rischio la stessa personalità e libertà del voto.

Il sistema blocca il voto degli elettori, che, tracciando un solo segno, devono prendersi un candidato uninominale e, insieme a questo, una o più liste.

Infatti, in una prima ipotesi l’elettore traccia la croce sul candidato nel collegio uninominale. Con questo voto egli si esprime automaticamente e inevitabilmente, senza poter fare nulla per evitarlo, anche per tutte le liste collegate (e per tutti i candidati in esse indicati dai partiti), a cui il voto dell’elettore che non le ha votate sarà distribuito in proporzione ai voti da queste liste ottenuti da altri elettori (se su 10 elettori solo in 5 si sono espressi per una lista, votando 2 la lista A, 2 la lista B, 1 la lista C, il voto di ciascuno dei 5 elettori che non hanno votato nessuna lista andrà per il 40% alla lista A, per il 40% alla lista B e per il 20% alla lista C. Tutte liste – lo ripetiamo – che questi elettori non hanno votato).

In una seconda ipotesi, l’elettore traccia la croce su una lista collegata sia ad altre liste sia a un candidato nel collegio uninominale. In questo caso il suo voto si estende al candidato nel collegio uninominale, senza che l’elettore possa fare nulla per evitarlo. Il candidato nel collegio uninominale però potrebbe essere di un altro partito rispetto a quello per cui l’elettore si è espresso, un partito che, anche se collegato, in base a questa legge potrebbe avere un programma diverso (e per alcuni aspetti perfino contraddittorio). In questo modo l’elettore è costretto a prenderli entrambi, forzato a chiedere due programmi diversi.


Per questo chiediamo che i voti a disposizione dell’elettore siano due.


Poiché come abbiamo detto le liste collegate in una coalizione, però, non hanno lo stesso programma non si vede neppure la necessità che, dato un voto al candidato nell’uninominale, si debba dare poi il voto per il proporzionale necessariamente a una lista collegata, visto che questa potrebbe comunque avere un programma diverso rispetto a quello del partito al quale appartiene il candidato nell’uninominale.

Per questo si propone che i due voti siano disgiunti e che l’elettore, che non può scegliere i candidati, sia almeno pienamente libero di scegliere autonomamente sia il candidato nel collegio uninominale, eletto con il maggioritario, sia il partito che preferisce, i cui candidati saranno eletti in modo proporzionale.

In conclusione, chiediamo che ciascuno abbia due voti, da esprimere separatamente. In libertà e trasparenza.

Una trasparenza che dovrebbe essere richiesta anche ai partiti nella selezione dei candidati che indica.

Su questi punti minimi ma essenziali riteniamo che il Senato debba intervenire, potendo ancora migliorare un testo, che attualmente presenta numerose criticità, rispetto alle modalità di espressione del voto e alla selezione dei rappresentanti del popolo.

Gaetano Azzariti (Università di Roma, La Sapienza), Stefano Merlini (Università di Firenze), Valerio Onida (Presidente emerito della Corte costituzionale), Gianfranco Pasquino (Professore emerito di scienza politica, Università di Bologna), Andrea Pertici (Università di Pisa), Roberto Romboli (Università di Pisa), Maurizio Viroli (Princeton University)

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