Il reportage di Riccardo Staglianò per il Venerdì di Repubblica è da ritagliare e conservare, come molte altre storie raccontate da Staglianò, forse il giornalista italiano più impegnato nell’offrire ai suoi lettori le storie del lavoro che si trasforma e in troppi casi si perde e perde di umanità.

È ambientato nella notte del lavoro, spesso sottopagato, della grande distribuzione, a Roma.

Due citazioni, soprattutto, oltre al titolo che Staglianò riprende da Vonnegut (dovremmo stamparla sulle magliette e nei programmi elettorali, quella frase).

Tu consumatore non lo sai, vedi addetti in divisa e pensi che tutti dipendano dal logo che hanno stampigliato all’altezza del cuore, ma non è così. Che imbocchi un corridoio o un altro, ti metta in fila a una cassa o in quella accanto, puoi incrociare valvassori, valvassini o servi della gleba. I primi sono gli assunti (paga oraria media 10 euro, straordinari, notturno, ferie). I secondi gli interinali, che per legge dovrebbero prendere quanto i primi ma in verità portano a casa sugli 8 euro (niente anzianità, niente straordinario). I terzi quelli delle cooperative, con paghe variabili dai 7 ai 5 euro, parliamo di lordo, no malattia, no quasi niente e se ti lamenti tanti saluti e avanti un altro.

Staglianò spiega come funziona un meccanismo ormai diffusissimo, che consente a tutti di ridurre i costi, facendo sprofondare la dignità dei lavoratori, con particolare riguardo, in questo caso, ai filippini, veri protagonisti di questo settore. Il passaggio da dipendente a «contractor», perché l’anglicismo è obbligatorio.

In The Fissured Workplace David Weil segnala che oggi in America un lavoratore su tre non è assunto dall’azienda che corrisponde al marchio del prodotto. Apple, per dire, a fronte a 63 mila dipendenti ha 750 mila contractors. Se le vendite del prossimo iPhone andranno meno bene del previsto, indovinate chi saranno i primi a saltare? Non c’è bisogno di licenziarli, basta non riassumerli. Magari con un iMessage gratuito. Quanto ai filippini non mi sorprende che accettino ciò che gli altri scartano. Hanno una soglia di sopportazione notoriamente alta. Di quella nazionalità è un terzo di tutti i marinai delle portacontainer e un terzo è anche la quota del loro stipendio rispetto a quello degli ufficiali europei. […] «Chiunque competa con gli schiavi, diventa uno schiavo» ammoniva Kurt Vonnegut, non sapendo di parlare a Salvini. Se oggi sono loro, domani saremo noi. Non expedit.

Nei campi, nei mercati, nelle aziende, è il ritorno in grande stile dello sfruttamento.

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