Pare che oggi l’ex premier – mentre Parisi, che lo aveva fin qui sempre sostenuto, parlava di «lutto» più che di decennale – abbia detto che: «Chi se ne va dal Pd sta tradendo se stesso».

«Qual se’ tu che così rampogni altrui?», verrebbe da dire, mentre il Cocito, il lago della sfiducia e della disaffezione, si ghiaccia ancor di più.

È tipico di questa sottocultura politica rovesciare parole e cose: così la fiducia posta per la seconda volta sulla legge elettorale viene rivendicata e collegata a De Gasperi. Così chi denuncia il tradimento è additato come traditore.

Di tradimenti questa legislatura è stata il trionfo, a cominciare dal programma dimenticato e negletto, dalla falsa quiete dello «star sereno» alla tempesta del referendum imposto e personalizzato. E non si è tradito solo il mandato parlamentare, si è tradito anche ciò che si prometteva al popolo democratico nel 2013, perché allora era tutto un «basta larghe intese» (rinnovate nel 2014 e previste anche nel 2018) e «asfaltiamo Berlusconi» (celebrato al Nazareno, nunc et semper). E lo ha fatto anche Gentiloni, che aveva chiesto la fiducia promettendo di non interferire sulla legge elettorale, per poi fare esattamente il contrario.

Se non tradiscono la fiducia, non gli danno fiducia, in sintesi.

Si sono tradite cose molto serie, come lo Statuto dei lavoratori, trattato come una cosa di cui liberarsi, e lo spirito della Costituzione, piegata al proprio disegno di potere. Si è tradita la definizione stessa di centrosinistra, che ora guarda caso si fa di tutto per recuperare, per l’evidente fastidio verso ogni forma di sinistra, quella intellettuale dei gufi e dei professoroni, quella ambientalista, quella sindacale, quella politica.

Tradito da se stesso e dalla propria arroganza, il principale protagonista della lunga serie di tradimenti della stagione della politica tradita proietta sugli altri. Tradendo nervosismo. Pure quello.

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