Nel Paese dove ci sono stati 2060 episodi di violenza e intimidazione nei confronti di giornalisti dal 2006 al 2014 (fonte Ossigeno per l’Informazione) e con 30 cronisti sottoposti a misure di tutela da parte del Ministero dell’Interno a causa delle minacce arrivate dalle mafie, questa sera dovremo assistere alla celebrazione del figlio di Totò Riina nel salotto patinato di Bruno Vespa. Ci pare assurdo anche solo dover rilevare quanto questo episodio sia penoso e imbarazzante per il servizio pubblico. Il diritto di cronaca è sacrosanto, ma deve essere esercitato correttamente. Le indiscrezioni parlano di un’intervista dove il figlio di Riina non ha espresso alcun pentimento e nemmeno ha fornito elementi sugli innumerevoli delitti e reati commessi dal padre. Ci chiediamo quale sia la notizia, se non la pruriginosa ricerca dell’audience attraverso lo sfruttamento di una figura deteriore e diseducativa, come già successo durante la patetica sfilata dei Casamonica nello studio di Vespa. E tutto questo mentre decine di giornalisti raccontano la mafia rischiando la vita, senza salotti protetti e riflettori. Intervenga la Commissione di Vigilanza Rai e si chieda scusa a quanti la mafia la raccontano davvero ogni giorno, senza promuovere libri o ammiccare a personaggi che sono i principali responsabili dell’arretramento culturale e sociale di questo Paese.

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