L’estate è un ottimo momento per lanciare un soggetto politico e, soprattutto, per tornare a parlare con le persone, per un referendum che sia di tutti.

In una stagione che segna la fine delle illusioni delle larghissime intese e di promesse che puntualmente nessuno mantiene abbiamo l’occasione di raccontare le cose in modo diverso, di confrontarci con le persone per convincerle della cosa più ovvia: che i sovrani sono loro.

Ci saranno banchetti un po’ dappertutto, dalle Alpi alle piramidi (o quantomeno ai consolati), sulle spiagge (le ultime e le penultime, potremmo dire), di mezzanotte, a domicilio per gli indivanados, con chi ci vorrà essere, senza apparati di sorta, con un passaparola che inizia a dare i primi risultati.

I referendum non sono questione da ceto politico, sono una scelta libera. E non sono di nessuno, se non delle ragazze e dei ragazzi scatenati (anche nel senso che non hanno catene) che si sono mobilitati. E che sono alle prese con il compito più difficile: quello di parlare con le persone, che non è più molto di moda, se non attraverso uno schermo televisivo.

E non sono solo abrogativi, sono liberatori di un’altra idea di Paese. Anzi, di un’altra idea di tutto. Dalla conversione in campo ecologico e produttivo ai diritti delle persone, dalla partecipazione democratica alle scelte che riguardano la formazione del futuro.

Questa sera sarò di persona personalmente alle 18 a Sondrio e domani a Verona alla stessa ora. Ma ci sono decine di altri posti dove tante altre persone stanno facendo la stessa cosa. E arrivano inaspettati con 8 moduli. E molta speranza.

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