Due parole due sull’intervista a Serracchiani di oggi, in cui dice che Civati e Pastorino sono solo «corsari» che vogliono solo «creare instabilità» e «dividere la sinistra».

Per prima cosa, va detto che l’intervista le è venuta meglio dell’attacco di domenica, quando ha preso per buona una invenzione di Repubblica e non mi pare poi si sia scusata per l’attacco riservatomi. Ma non fa niente.

Veniamo al merito: l’instabilità in Liguria è stata creata da una serie di elementi. Alle primarie hanno partecipato a diverso titolo personaggi della destra ligure, ci sono stati brogli, il segretario del Pd ha dichiarato la vincitrice prima di attendere il lavoro della commissione di garanzia, la vicesegretaria ha scaricato Cofferati prima che lasciasse il Pd dicendo «si rassegni». Non è sembrato importante per nessuno leggere il dato elettorale: la città di Genova ha votato pochissimo Paita che ha recuperato però con una partecipazione massiccia in pochi comuni del Ponente, con alta densità elettorale, diciamo così.

Il disagio di molti è stato ridicolizzato, eppure il risultato delle primarie non era così devastante a favore di chi ha vinto. Si è adottato il metodo molto in voga del vae victis.

Il sabato in cui Sergio Cofferati è uscito dal Pd sono usciti quasi tutti i più importanti sostenitori della mia mozione congressuale, non su mia iniziativa, ma perché non ne potevano più. Era gennaio. Qualcuno se l’è presa con me, quel giorno, perché io non facevo la stessa cosa.

Tutta la sinistra mortificata da questi atteggiamenti si è messa alla ricerca di un volto da dare a questa situazione ed è stato scelto Luca Pastorino, che peraltro già a Bologna (a dicembre) aveva dichiarato di avere sempre più difficoltà a rimanere nel Pd.

Pensate che nei tre mesi che hanno preceduto l’avvio della campagna di Luca qualcuno si sia interessato a quello che stava succedendo? La segreteria nazionale del Pd ha chiesto un confronto a Luca solo quando aveva dichiarato di candidarsi. Finché «rimaneva dentro» non è mai stato interpellato.

Segnalo per altro che alle primarie aveva partecipato anche Sel, che è stata liquidata perché tanto poi si vince comunque, no? A proposito di chi divide la sinistra.

Veniamo in ultimo ai «corsari»: è vero, ci si è imbarcati su una barca tipo Pequod proprio perché la balena bianca non ci piace. Un equipaggio appassionato alla pari, in cui personalmente non sono il capitano, sono solo un elettore di Pastorino. Mi piacerebbe tanto interpretare Starbuck, ma forse sono solo la voce narrante.

I corsari amano il mare aperto, non i porticcioli pieni di cemento con cui è stata riempita quella regione. Seguono rotte mai tentate, allontanandosi dal galeone dei Paitoti, dell’eterno trasversalismo ligure e ormai nazionale. Non sono interessati al potere, ma a un modo diverso di governare. Vanno a pesca di astenuti. Non vogliono il bottino delle nomine: non sono i pirati di Carige, a quello ci hanno pensato altri. Amano le pietre preziose: un welfare moderno, una sanità non regalata ai privati e ai primari (sia detto con il dovuto rispetto), un reddito minimo perché tutti abbiano accesso alla vita e alla società. Abituati a spazi stretti, disprezzano gli sprechi. Vanno lenti perché amano il paesaggio, vogliono preservare quella bellezza in parte perduta. Potessero farlo, risalirebbero i fiumi che chi governa da cent’anni non ha mai sistemato.

A me, per esempio, Long John Silver piace. E ringrazio Serracchiani per la metafora marinara. Almeno così alziamo un po’ il livello finora seguito dalla campagna della sua candidata. Era ora.

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