I giornali titolano: “Battaglia finale sull’Italicum”.

Il Corriere ipotizza che il governo sottoporrà al Parlamento tre voti di fiducia.

Il Pd si prepara alla conta.

Non so come andrà la votazione dell’Italicum. 

So che non lo voterò, che se metteranno tre volte la fiducia (prima che il gallo canti) non darò il mio assenso.

So che lo dico ora e che mi sembra inutile discuterne ancora: le minoranze, anche quelle che stanno in maggioranza, hanno chiesto due cambiamenti, il governo ha detto: no. La discussione c’è già stata.

So che mi sembra tutto folle e che perderanno tutti, anche chi è convinto di vincere a qualsiasi costo (Cadmo o Pirro). So che la spaccatura politica c’è già. So che non ho bisogno del voto segreto – che comunque alla fine ci sarà – per dire come la penso: in questi due anni, ho sempre dichiarato i voti segreti.

So che il sistema elettorale è pessimo, ma non sembra importare granché. So che così si allontana la riforma costituzionale e che ha ragione Ainis: la Consulta avrà un bel daffare.

So che non è questione di numeri, ma questione politica. Che la conta all’interno di area riformista non mi appassiona. Che mi sembra assurdo continuare a votare a botte di maggioranza, soprattutto se si va fino al 2018. Ma forse si va al 2016. Forse si va subito.

So che questa mia sensazione irrita i sostenitori del partito (personale) della nazione, ma anche che tutto questo allontana molti elettori e altri ne allontanerà.

So che da parte mia non c’è alcun calcolo: penso soltanto che la politica sia anche e soprattutto un’altra cosa, che da due anni a questa parte, da prima che arrivasse il Veltro, non vedo più.

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