Il 23 agosto 1988 venne approvata la legge n. 400 che ha ristrutturato la Presidenza del Consiglio e definito compiti e ruolo del presidente del Consiglio e dei ministri della Repubblica. Nel 1990 fu approvata una legge di grande rilievo sulle autonomie locali che, sotto forte pressione dei referendari elettorali, fu completata nel 1993 con i sistemi elettorali per i comuni che sono tuttora in uso. C’è anche stata una intensa e decisiva stagione referendaria condotta, è sempre importante e utile ricordarlo, perché dà anche un segnale di come possano e debbano essere fatte le riforme, da parlamentari (dunque, tutt’altro che complessivamente incapaci e conservatori), da associazioni dei più vari tipi, da cittadini che firmarono in numero molto superiore al minimo richiesto di 500 mila. Dal 1991, referendum sulla preferenza unica, una vera svolta democratica nella storia del paese, unitamente alle «raffiche» di referendum sui diritti civili meritoriamente promossi dai Radicali negli anni Settanta, anche questi da mettere nel conto, al referendum elettorale del 1993 accompagnato da quelli sull’abolizione del finanziamento statale ai partiti politici e all’eliminazione dei -Ministeri dell’Agricoltura, delle Partecipazioni Statali, del Turismo e dello Spettacolo.

Trent’anni di riforme non fatte? Chi fa politica dovrebbe, prima di tutto, conoscere la storia del suo paese. Non è un optional. In seguito, ci furono le riforme del Titolo V (assetto, poteri, relazioni fra il governo nazionale e regioni, province, comuni), fatte dal centro-sinistra, ma da dimenticare, e le meno dimenticabili riforme fatte dal centro- destra nel 2005. Al tentativo, confuso e maldestro, di modificare 56 articoli della Costituzione su 138, risposero «no», senza nessun ringraziamento, gli elettori nel referendum del giugno 2006. Alla oramai leggendaria legge elettorale detta Porcellum, i contrasti e i tentativi di riforma, ad opera dell’Unione del centro- sinistra al governo fra il 2006 e il 2008, non furono proprio fortissimi.

Duplice è il punto da fermare per gli smemorati. Primo, riforme, anche importanti, ne sono state fatte, eccome. Secondo, alcune riforme sono state fatte bene, altre male. Dunque, non basta fare le riforme. Bisogna farle bene. Più avanti spiegherò il significato di «bene», termine che non sembra appartenere al lessico dei neo- riformatori che gli preferiscono «in fretta». Aggiungo che i tentativi di riformare in meglio la legge elettorale nota come Mattarellum, effettuati attraverso due referendum elettorali nel 1999 e nel 2000, entrambi promossi essenzialmente da alcuni settori della classe politica di centro- sinistra, furono fatti fallire dal centro-destra che si giovò di più di un aiutino da parte dello stesso centro-sinistra. Da ultimo, il più ambizioso tentativo di cancellare in toto attraverso un referendum il Porcellum per ritornare al Mattarellum fu dichiarato non ammissibile da una Corte Costituzionale ancora alquanto incerta sulla sua stessa giurisprudenza in materia che, soltanto in seguito, come vedremo, ha portato allo smantellamento del Porcellum. Infine, quanto alle riforme fatte, com’è possibile che Renzi e la sua zelante squadra dimentichino l’esistenza e l’importanza, non soltanto, ma in particolar modo per la sua stessa irresistibile carriera, delle primarie? L’obiezione che non si tratterebbe di un’innovazione istituzionale appare assolutamente fuori luogo.

Gianfranco Pasquino, Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate, Egea, Milano 2015, pp. 9-11.

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