Maurizio Viroli attacca violentemente la ‘minoranza’ Pd sul Fatto di oggi. Ora, lo dico con dispiacere, non ha tutti i torti. E, di fronte al voto (di fatto finale) sulla Costituzione, l’argomento della ‘ditta’ perde ogni ragionevolezza.

L’unica ditta è la Repubblica, il mandato ricevuto dagli elettori, il programma elettorale e gli impegni presi a suo tempo. E, certo, siamo in una Repubblica parlamentare (per ora, diciamo), dove i governi si possono formare anche grazie alle scissioni, ai trasformismi, alle convergenze, alle intese. Ma le larghe e lunghe intese non si basano su un patto con i cittadini, su un programma di governo dichiarato, su un testo a cui far riferimento. Anche il patto del Nazareno, unico patto di legislatura che sia stato reso pubblico (almeno fino a un certo punto), va e viene, a seconda dei momenti e delle convenienze.

Come ditta, si comporta in modo molto strano. E quando si parla di Costituzione, ci si deve rendere conto (almeno un po’) che la questione non riguarda le correnti interne ai partiti, le fronde, le minoranze (che poi alla fine non lo sono) e le maggioranze, ma tutto il Parlamento. Ieri una stretta maggioranza ha votato le riforme, elaborate prima e fuori dal Parlamento. Senza che si potesse fare quanto richiesto da molti gruppi, lasciando ad esempio il Senato elettivo (o abolendolo defintiivamente, con maggiori funzioni di garanzia per la Camera) e riducendo anche il mnumero dei deputati. Sarebbe stato molto meglio. Peccato che – quando ancora il patto del Nazareno era in funzione – siano stati bocciati dalle due ditte tutti gli emendamenti che andavano in quella direzione. Segnalo che tutto questo non riguarda né la ditta, né la ‘minoranza’, che hanno votato compattamente fino a ieri (ieri compreso). Riguarda ciò che facciamo della Carta fondamentale della nostra Repubblica. E scusate se è poco.

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