Siamo dirigenti, amministratori locali, militanti siciliani e siciliane del Partito Democratico. Il nostro impegno politico è sempre stato indirizzato al bene collettivo, la nostra militanza non è mai stata incentrata sulla carriera o alla conquista di poltrone da occupare con avidità, per questo sentiamo, forte, l'obbligo di rendere pubbliche le nostre considerazioni in merito alla gestione del Pd in Sicilia. Convinti che perplessità, imbarazzo, senso di smarrimento siano largamente diffusi dentro la base del Partito e per questo vogliamo lanciare un ultimo grido disperato ma sincero e in armonia con il nostro modo di guardare all’impegno politico.

La situazione della nostra Isola è insostenibile. Parole come “trasformismo” e “opportunismo” non bastano più a rappresentare lo stato di un partito, il Pd, che ha smarrito ogni identità, ha tradito la propria storia ed ha ceduto, anche e soprattutto, sul piano della dignità politica e personale.

Il Pd ed il Governo siciliano da anni litigano per mostrare chi sia il miglior rottamatore, chi sia più antimafioso, chi rappresenti il cambiamento, chi sia più rivoluzionario. Peccato che in una Isola che affonda non c’è ombra di rottamazione men che meno di rivoluzione. E tra una lite e l’altra, tra un rimpasto e l'altro – in una fase di stallo devastante per la Sicilia – il Pd diventa la casa per tutto e il contrario di tutto, anche per chi era considerato il peggior avversario di centro destra, anche per uomini e donne passate da Cuffaro a Lombardo fino ai lidi democratici.

Il “Governo della rivoluzione e del Fare”, che si è rivelato solo il governo degli annunci e dei rinvii, solo in un campo è stato davvero operoso: nel raccattare esponenti di centrodestra, provenienti da tutte le formazioni siciliane. Personaggi ambigui, spesso con un passato di primo piano in giunte e amministrazioni che hanno contribuito a devastare la nostra terra.
E mentre governo e Pd aprivano le porte a tutti, la Sicilia affondava, continuando a perdere tutte le opportunità di rinascita. La Sanità è da quarto mondo, trattata come bancomat elettorale e squassata da scontri di potere. I rifiuti assediano i centri urbani, mentre sulle discariche si consuma una guerra per accaparrarsi affari e denari. L’istruzione è ai livelli più bassi del Paese e la Sicilia è la prima regione per abbandono e dispersione scolastica. La disoccupazione, soprattutto quella giovanile e femminile, e la povertà dilagano. Siamo in testa nella non invidiata classifica dei neet, ai primissimi posti per povertà assoluta e relativa con il 36% in condizione di fortissimo disagio sociale. Finanche l’agricoltura, un settore importante per l’intera economia siciliana e cavallo di battaglia durante la campagna elettorale del Presidente, rischia di morire. I Comuni sono al collasso e di conseguenza i servizi dei cittadini in pericolo.

A queste emergenze governo e Pd rispondono con chiacchiere e conferenze stampa. Noi non vogliamo più essere “schiavi” delle chiacchiere, schiavi di programmi prima sbandierati e poi puntualmente disattesi da un partito che è capace di spaccarsi quando si tratta di scegliere un assessore, ma che è sempre compatto quando si tratta di salvare le proprie “poltrone”. 

Abbiamo subito fin troppo. In questi mesi abbiamo assistito, con grande sofferenza, all’ingresso di personaggi come l’ex Sindaco di Agrigento, Marco Zambuto (già Udc, poi Pdl, poi di nuovo Udc) premiato con l’elezione a Presidente regionale del Pd dopo la folgorazione renziana; l'on. Dipasquale, ex berlusconiano di ferro e sindaco Pdl di Ragusa; l'on. Giovanni Di Giacinto passato da Grande Sud di Gianfranco Miccichè al Megafono e poi al Pd, uno che sulle gare d’appalto a Castaldaccia, quando fu Sindaco di centrodestra. E poi una pletora di consiglieri comunali, sindaci, assessori tutti di matrice estranea ai valori fondanti del Pd e incompatibili con qualsiasi ipotesi di cambiamento.

Di fronte a tutto ciò il nostro grido di dissenso non è servito a niente. Anzi, siamo stati accusati di “non avere disciplina di partito”. Addirittura ci sono stati casi in cui qualcuno di noi è stato denunciato per aver detto semplicemente la verità sulla vicende delle discariche e violentemente aggredito da chi rappresenta il Pd in una sede istituzionale come l’Ars.

Adesso l’ingresso degli esponenti di Articolo 4 come Paolo Ruggirello a Trapani, che alle scorse regionali del 2012 era candidato con la lista di Nello Musumeci, ex capogruppo Mpa all'Ars; Luca Sammartino (eletto all’Ars con l’Udc); Valeria Sudano (nipote dell'ex senatore Udc Mimmo Sudano, vicino a Cuffaro), Raffaele Nicotra (ex Udc) ed Alice Anselmo (ex Udc). 

Se il Pd di Renzi in tutta Italia sta facendo alleanze con pezzi del centro destra, in Sicilia si è oltrepassato ogni limite consegnando direttamente al centrodestra il partito, una negazione totale della storia e dei nostri valori. Tutto ciò è intollerabile!

La decisione, adottata senza alcun dibattito, di modificare il quadro politico, facendo transitare nel Partito Democratico siciliano forze che facevano parte di uno schieramento contrapposto per storia, valori, metodi e visioni, desta molta preoccupazione e smarrimento anche nell’elettorato di centro sinistra e del Pd.

Anziché tentare di ricostruire quella “casa comune” tra le forze di centro sinistra, si è piuttosto cercato di aggirare e compensare una rottura a sinistra con la cooptazione di forze nel Partito sempre più marcatamente moderate e di centro destra.

Il Pd in Sicilia è un partito che ha perso i suoi luoghi identitari, dove questa nuova classe dirigente è assolutamente incapace di innescare quel cambiamento indispensabile incidendo nel rinnovamento non tanto anagrafico ma del metodo di fare politica

Il progetto del Pd è stato interpretato miseramente come foglia di fico per coprire ogni tipo di misfatto. In questi mesi, a parte la convocazione degli Stati generali che a poco serve se ad intervenire sono solo i deputati regionali, non si è parlato d’altro che di rimpasto. Non siamo riusciti ad affrontare, con un ampio dibattito, i problemi che attanagliano i nostri territori. Da alcuni membri della Segreteria nazionale abbiamo ascoltato solo parole, a parte qualche posizionamento di fedelissimi all’interno degli assessorati.

Insomma, ci stiamo giocando il futuro dei siciliani, tra chi pretende di governare da solo e chi pretende di risolvere i conflitti con il Governo attraverso continui ed inutili rimpasti in giunta necessari solo a “sistemare” amici e compagni.

Pertanto, nessuno si sorprenda, se di questo passo ognuno si sentirà libero di scegliersi da solo il proprio compagno di viaggio, perché, per fortuna, in Sicilia ci sono eccellenti risorse. Brave persone che hanno voglia di contribuire al riscatto sociale, economico e politico della nostra amata terra. Nessuno si sorprenda se molti di noi abbiano già deciso di non rinnovare la tessera o di restituirla, non perché vogliosi di abbandonare “la barca che affonda”, ma semplicemente perché abbiamo una grande responsabilità: dare alla Sicilia una nuova prospettiva guidata da persone competenti con un profilo professionale adeguato, con comportamenti etici-morali indiscutibili, capaci di rispondere ai bisogni della nostra terra.

Il Pd siciliano, più di quello nazionale, ha bisogno di un anno zero. Nel cambiare tutto affinché niente cambi siamo maestri da secoli. Le campagne acquisti spregiudicate che si susseguono dal congresso ad oggi non aiuteranno certo a trovare quell’identità riformista che servirebbe per rimuovere i macigni che opprimono la nostra Regione.  E fin quando il quadro politico rimarrà questo la gente continuerà a disertare le urne nella convinzione che tanto chiunque andrà al Governo non sarà capace di risolvere i problemi reali della Sicilia. Per questo motivo non siamo più disposti a rimanere all' interno di un partito in cui non ci riconosciamo. E ci teniamo a precisare, con forza e determinazione, che non siamo noi ad uscire dal Pd siciliano ma ci vediamo costretti ad andar via perché non vogliamo essere complici di questo disastro e di questo sistema per nulla democratico. Perché non ci sentiamo rappresentati e non ci riconosciamo in questa classe dirigente politica, quella del Pd, che in questi anni ha fatto del posizionamento, dello strategismo e del puro tatticismo, gli unici modi con cui misurare la propria azione politica. Non siamo più disposti a tollerare questo modo di agire. La nostra dignità vale più di ogni altro aspetto! Il nostro impegno continuerà, più di prima, per mettere in rete chi continua a lottare nel partito, chi non ne farà più parte e chi non ne ha mai fatto parte. Amici e compagni diversi tra loro ma con un sogno comune: costruire un’alternativa a sinistra che possa donare speranza alla nostra terra. 
 

 

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