L’Italicum approvato a marzo dello scorso anno è stato profondamente cambiato al Senato. Il testo del 2014 non andava bene per niente, dicono tutti, contenti di averlo corretto. Ma chi lo aveva scritto? Gli stessi che lo avevano approvato con viva e vibrante soddisfazione e che ora festeggiano per le profonde modifiche che hanno introdotto a un testo che così com’era non andava mica bene.

Le riforme andavano fatte – necessariamente – con una logica condivisa, anche perché le ultime riforme, fatte a botte di maggioranza, non andavano bene (tanto che il centrosinistra – chiamiamolo così per capirci – di oggi cambia quella del centrosinistra del 2001). Chi lo dice? Per esempio chi nel 2001 c’era e ha approvato le riforme che ora cambia e che diceva che era un errore votare a maggioranza, per poi votare le nuove riforme a maggioranza, cambiando le riforme che aveva con convinzione votato nel 2001. E tra gli autori delle nuove riforme che cambiano quelle vecchie c’è anche chi era autore di quelle vecchie. E lo rivendica con orgoglio.

Il patto del Nazareno era geniale, serviva per andare al governo e anche se Berlusconi era decaduto non faceva niente, perché le riforme si fanno anche con il diavolo, siccome vanno fatte condivise. Ora il patto non c’è più ed è addirittura meglio, che cosa volete che sia, le riforme le facciamo da soli, abbiamo i numeri, grazie a un po’ di passaggi (condivisioni? Tipo Facebook?) di pezzi di altri gruppi, a cominciare dal pezzo più grosso, l’Ncd uscito dal Pdl separandosi da Fi. Alleati «con» e «divisi» insieme, insomma. Quindi, «condivisi».

Con una postilla fondamentale: ovviamente, tutto quello che c’era di brutto nelle riforme era colpa del patto e di Berlusconi ma ora che non c’è più non è che le cambiamo le riforme, vanno benissimo così e gli emendamenti si bocciano tutti o quasi, tanto è alta la qualità delle cose che Berlusconi ci ha imposto e che però adesso approviamo anche da soli.

Se al Senato non ci dovessero essere i numeri (anche perché siamo ancora all’inizio delle riforme, anche se parliamo già di referendum, abbiamo la macchina del tempo), non c’è problema: ne cerchiamo degli altri, magari tra quelli che avevano bocciato il testo delle riforme nel primo passaggio e che hanno cambiato idea (chissà perché lo hanno fatto, del resto si parla solo della Costituzione).

D’altra parte ci sono forze politiche che votano un pezzo di riforma e poi ne bocciano un altro pezzo, dopo solo due settimane, però poi magari aprono nuovamente, una volta terminati gli articoli, perché sul voto finale non si sa mai, magari cambia (cosa?!).

In generale, chi tiene la stessa posizione e fa le stesse domande, è perduto. Non è più nemmeno una logica fuzzy, è un’illogica, che si basa su un principio però molto razionale: la forza centripeta di chi sta al governo e di chi vuole restare in Parlamento (i due fenomeni non sono totalmente sovrapponibili, ma diciamo che si corrispondono alla perfezione).

Non preoccupatevi, però: la prossima settimana cambia tutto di nuovo. E andrà ancora meglio. E sarà un successo di quelli che cambiano tutto. O, quantomeno, lo trasformano. Continuamente.

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