La piccola uguaglianza è il titolo di un saggio di Michele Ainis appena pubblicato da Einaudi. Un testo molto duro che si conclude con una rigorosissima presa di posizione con la sinistra che non fa più la sinistra (e che, a questo punto, non lo è più) sui diritti e sull’uguaglianza, appunto.

I diritti sono per i ricchi, le discriminazioni per i poveri. […] C’è insomma un cartellino con il prezzo, nello spread etico che ci divide dal resto del pianeta. C’è inoltre una crudeltà normativa che s’abbatte specialmente sui più deboli, e che trasuda in mille rivoli dal nostro ordinamento. […] Come la legge sulla fecondazione assistita […]. Come le nozze vietate ai gay, permesse ai transessuali (legge n. 164 del 1982). Come il suicidio: provarci non è un reato, ma lo diventa se ti fai aiutare, se sei inchiodato a un letto come Welby. Dunque in Italia puoi ucciderti soltanto se stai bene. Ma dopotutto è questa l’unica droga di Stato che lo Stato italiano ci elargisce: morfina sui conflitti etici.

Ainis fa molti altri esempi, che riguardano le condizioni materiali (reddito minimo, tassa di successione, legge sulle libertà religiose ma anche Imu per i religiosi, diciamo) come quelle che potremmo definire spirituali, che abbiamo citato qui sopra.

Alla fine del suo pamphlet si chiede «se neanche la sinistra non crede più nell’eguaglianza» – la sinistra, che sinistra è?

Bella domanda.

Peraltro, di uguaglianza non parla più nessuno. E siccome chi può parlare è più potente di chi non può, anche questa è una forma di disuguaglianza. Forse quella che le contiene tutte, grandi e piccole.

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