Lucrezia Reichlin spiega sul Corriere perché la questione Tsipras circa il debito deve essere presa in considerazione dalla Ue. Zitti zitti tutti ne parlano e citano la sinistra greca con parole meno superficiali del solito: forse perché la posizione di Tsipras è quella che un tempo fu della socialdemocrazia e che è radicale proprio come le questioni che si trova ad affrontare. La Conferenza sul debito del 1953 (a Londra) è citata in ogni articolo – compreso il fondo di Reichlin – ed è una prospettiva: motivo per cui anche in Italia, dove la sinistra si è persa nel guazzabuglio ormai da anni, è il caso di discuterne da subito.

Con Alexis Tsipras si tratterà, anzi probabilmente si sta già trattando: è essenziale per l’Unione che il negoziato fra governi sia accompagnato da un’iniziativa forte e multilaterale, capace di gettare le basi di un nuovo contratto tra debitori e creditori. Contratto che preveda una redenzione di parte del debito, ma legata a riforme ambiziose e al coordinamento tra politiche monetarie/fiscali a livello europeo. Questo patto dovrebbe partire dalla constatazione che le crisi del debito sono il risultato del comportamento volontario delle due parti (creditori e debitori): la loro soluzione non è la punizione di una sola (il debitore). Come ricorda Friedman nel suo discorso, questo principio è riconosciuto da più di un secolo nel concetto di limited liability (secondo cui la responsabilità finanziaria di un soggetto va limitata a una somma prefissata). Proprio questo principio, che fa della crescita l’interesse comune delle due parti, venne adottato alla conferenza di Londra nel 1953. Allora il Paese debitore era la Germania, che ottenne una riduzione del 50% sia dei debiti contratti negli anni 20 e non onorati nel decennio successivo, sia delle somme dovute agli Usa nel dopoguerra. Oggi la Germania, che è tornata leader in Europa, dovrebbe promuovere una conferenza sul debito europeo illuminata da quello stesso principio. Una previsione? No, per il momento è solo un mio auspicio. Buono, però, per fare del 2015 l’anno della svolta.

All’insegna dello slogan uguaglianza=crescita che dovremmo scrivere a caratteri cubitali: senza l’una, non c’è nemmeno l’altra.

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