A dire che si deve moralizzare il paese si passa, appunto, per moralisti, per filosofi della politica, per anti-italiani.

Non è cool parlare di corruzione, di legalità, di evasione, di furbi che, per dire della notizia più triste tra mille altre, anche mentre picchiano sui Rom, poi lucrano sulla gestione dei campi.

Non è serio misurare l’azione di un governo rispetto a quello che riesce a fare in questo campo, perché si fa quel che si può, in Italia, si sa.

Che noia parlare dei processi che riguardano i politici: le loro scadenze si sovrappongono al percorso delle riforme, senza che nessuno abbia nulla da dire (e da ridire).

Che puntiglio quello di chi si chiede come mai una persona che ha quattro rinvii a giudizi partecipi ai tavoli segreti di riscrittura della Costituzione.

Che politicismo insistere sul fatto che in una democrazia dovrebbe governare chi vince le elezioni, con impegni precisi, senza cercare alibi (già, quella parola), senza allearsi con chi sappiamo come la pensa, senza prolungare (ben oltre la prescrizione, potremmo dire, giocando per un momento con le parole) uno schema politico che prevede che se parli di norme per ‘salvare’ i processi, immediatamente s’alza qualcuno che dice: e allora anche le intercettazioni, se no niente.

Che sorpresa registrare che certe ‘riforme’ non solo non si fanno con le larghe intese, ma sono proprio le larghe intese a bloccarle. E i protagonisti non se ne capacitano. Si sorprendono di se stessi.

Oggi Liana Milella scrive un pezzo su Repubblica rispetto al quale sarebbe interessante leggere la risposta del premier (sul punto, eh, non a vanvera), perché lo chiama in causa direttamente. E Repubblica non è un giornale ostile al premier, anzi, ne è forse il più entusiasta sostenitore e non da oggi.

Inizia così:

C’è un processo, guarda caso di Berlusconi, che mette nel nulla le promesse di Renzi e Orlando sulla riforma della prescrizione. I familiari di chi è morto per l’amianto della Eternit ed è rimasto senza giustizia possono aspettare. L’emergenza è un’altra.

Il processo è quello di Napoli, ma ce ne sono molti altri, che riguardano da vicino la politica. Prosegue Milella:

Da 90 giorni la riforma della prescrizione è bloccata per via di tre righe, sperdute in fondo a una ventina di pagine. Tre righe pesantissime, con un nome che ha dominato il ventennio berlusconiano e che eravamo convinti di aver ormai consegnato alla cronaca del passato. Parliamo della “norma transitoria”.

Milella parla delle responsabilità della sinistra, che ha parlato per anni di legge vergogna, poi non si è vergognata di non cambiarne praticamente nessuna, a cominciare proprio dalla legge ex Cirielli, l’ammazza-processi, ancora in vigore.

Processi di tanti, immolati sull’altare di pochi, la casta, Berlusconi in testa. Grande delusione. Non c’è altro da dire.

Le colpe del Pd sono molte. La colpa più grande è però di chi, presentandosi come rivoluzionario, non ha saputo interrompere quella continuità, ha rilanciato le crostate della Seconda Repubblica, ha ‘fissato’ le larghe intese in precedenza avversato, non ha compreso che le prime ‘riforme’ da fare, in Italia, sono proprio queste.

Oppure pensiamo davvero che un imprenditore finlandese non investe a Roma per l’articolo 18 e non per quella sensazione che ti accompagna dalla mattina alla sera che sia tutto marcio? Pensateci bene.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti