Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ribaltarsi dalle risate: ora sono tutti preoccupati per il ritorno dei 101, come se fosse tipo un virus che si abbatte di tanto in tanto sul Parlamento, come se si trattasse di marziani, come se non avessimo fatto, finora, esattamente quello che i 101 chiesero, senza palesarsi, nella cabina, quel giorno di aprile dell’anno scorso.

Se ne parla come si parla della dinastia dei Ming o dell’uomo di Neanderthal, ma vi do una notizia eccezionale: i 101 ci sono ancora e ci sono sempre stati.

Hanno applaudito fragorosamente l’elezione di Napolitano, benedetto le larghe intese, sostenuto toto corde Enrico Letta per poi sostituirlo in poche ore, hanno salutato con favore il proseguimento della legislatura proposto dal nuovo premier fino a scadenza naturale. E sono ovviamente pronti a ricandidarsi: è il paradosso degli innominati che puntualmente si ritrovano nominati.

Ora che si torna sul luogo del delitto, a soli venti mesi di distanza (strano, chi l’avrebbe mai detto), la parola d’ordine è: fare in modo che non tornino i 101. Come se fossero andati in vacanza, come se fossero stati solo i rappresentanti delle Regioni a non votare Prodi e in Parlamento non ne fosse rimasto alcuno.

E, invece, secondo me, anche stavolta i 101 eleggeranno il Presidente, magari il ‘loro’, anche perché se non cambia lo schema e lo si vuole eleggere con Forza Italia come interlocutore privilegiato (o, forse, non è più così?), dubito che i 101 saranno così contrari.

Anzi: rischiano di esserci 101 voti in più del totale, diciamo.

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