Il decreto sblocca-Italia contiene un’idea di sviluppo (assai poco sostenibile) che come ho detto più volte non mi piace e tra i vari commi e articoli, uno, il 5 – relativo alle autostrade – che dovremmo subito ritirare.

Si tratta di quello sulle concessioni autostradali (sì, stiamo parlando dei poteri forti, tra banche e grandi gruppi industriali), di cui avevo parlato qualche giorno fa, che risulta particolarmente preoccupante anche rispetto alla sempre tanto sbandierata e poco praticata regola della concorrenza (ce la chiede l’Europa, giusto?).

Non a caso, intervenendo in Commissione alla Camera, sono stati molto duri sia il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Pitruzzella sia il Presidente dell’Anticorruzione Cantone (qui sotto i loro interventi). E forti critiche sono venute anche dal Presidente dell’Autorità di regolazione dei trasporti:

L’art. 5 prevede che i concessionari possano proporre la modifica di elementi essenziali delle convenzioni in essere quali i soggetti, l’oggetto, la durata, ed il valore economico delle stesse.

Prescindendo dai profili che riguardano la compatibilità comunitaria della disposizione con le norme in materia di procedure di gara, essa appare in contrasto con le norme istitutive dell’Autorità (art. 37 comma 2 lett. g) del d.l. 201/2011) che pongono in capo ad essa il compito di stabilire i sistemi tariffari dei pedaggi delle nuove concessioni, di definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara e gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari, nonché di determinare gli ambiti ottimali di gestione delle tratte allo scopo di promuovere una gestione plurale e stimolare la concorrenza per confronto.

È del tutto evidente che le mutate condizioni del sistema autostradale, la complessiva riduzione dei volumi di traffico e le prevedibili richieste di ulteriori aumenti dei pedaggi sollecitano una riflessione sulla struttura delle concessioni vigenti. D’altro canto, allo scadere delle stesse, ogni nuovo affidamento dovrebbe essere oggetto delle procedure e delle modalità di individuazione del concessionario previste dalla legge in via ordinaria. La norma introduce, invece, la possibilità di derogare a tali disposizioni e non assume come presupporto della ristrutturazione del sistema la prevista ridefinizione degli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali. […] Non possiamo, quindi, condividere l’impostazione dell’art. 5, che attribuisce al singolo concessionario la facoltà di predisporre un nuovo piano economico finanziario finalizzato a proporre l’unificazione di tratte, in assenza di provvedimenti dell’Autorità sugli ambiti ottimali di gestione. Inoltre, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 1243/2014, l’Autorità ha avviato una consultazione ai fini del riavvio della procedura di gara per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’Autostrada del Brennero A22. In questo contesto, desta perplessità l’annunciato intendimento di prorogare tale concessione.

Ecco, a fronte di tutte queste perplessità espresse dai Presidenti delle Autorità di garanzia coinvolte nel settore (che ci sono per essere poi ascoltate da Parlamento e Governo, no? Altrimenti a che cosa servono le Autorità, se non le ascoltiamo soprattutto quando sono tutte, sotto il profilo tecnico, d'accordo?), mi pare che la strada più coerente sarebbe quella di ritirare almeno l’articolo 5. Per cominciare. Rivolgendoci verso un altro modello di sviluppo. Più sostenibile, appunto, più concorrenziale e più credibile, se vogliamo cambiare davvero.

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