Molti sospettano che questo Parlamento non sia il più adatto a fare quelle riforme costituzionali che aspettiamo da qualche decennio. E non (solo) per le difficoltà politiche evidenti sin dall’inizio della legislatura e che hanno portato a cambiare percorso sulle riforme costituzionali già più volte. Ma anche per una questione di opportunità.

È il caso che a fare le riforme costituzionali siano proprio le Camere elette con una legge incostituzionale?

Si obietta che proprio la Corte costituzionale, quando ha dichiarato incostituzionale il porcellum, ha detto «nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali». Ma questo – come ha spiegato anche Alessando Pace, ex presidente dei costituzionalisti italiani – non dovrebbe far comunque dimenticare alle Camere di essere state elette in base a una legge incostituzionale e che forse non è il caso che continuino a operare proprio come se nulla fosse successo.

Ma ora sembra ci sia di più. La Cassazione, nell’applicare ai ricorrenti (che ritenevano che il porcellum ledesse il loro diritto di voto) la decisione di incostituzionalità della legge elettorale, ha detto che la mancanza di effetti retroattivi legata al principio di continuità degli organi costituzionali «non attenua la incostituzionalità che è stata accertata e dichiarata dalla Corte senza altre limitazioni (del resto non risultanti dal dispositivo della sentenza)» e che «la tutela riconosciuta dall’ordinamento ai ricorrenti elettori […] è quella, pienamente satisfattiva, della riparazione in forma specifica per effetto della sentenza costituzionale che ha ripristinato la legalità costituzionale, potendo essi, a decorrere dal 13 gennaio 2014 ed attualmente, esercitare il diritto di voto secondo i precetti costituzionali».

Al di là della salvezza degli atti nel frattempo approvati, bisogna quindi andare a votare? Secondo gli avvocati che avevano fatto ricorso, sì. E su questo hanno voluto “attirare l’attenzione” del Presidente della Repubblica.

In attesa della risposta, ci permettiamo di ricordare che, dall’inizio della legislatura (e per molte volte) abbiamo detto che sarebbe (stato) meglio – molto meglio – approvare una nuova legge elettorale (che restituisca agli elettori il potere di scegliere gli eletti) e una forte riduzione delle indennità parlamentari (che avrebbe potuto far risparmiare quanto l’eliminazione di tutti i senatori) e andare a votare. Lo diciamo oggi, mentre emergono letture più drastiche che riterrebbero necessario il voto subito. Questo, in realtà, non ci convince, ma certo rafforza i nostri dubbi sulla legittimazione di questo Parlamento e mostra come il nostro schema (soprattutto se seguito per tempo) potesse essere il più ragionevole. Come è accaduto altre volte.

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