Sulle riforme costituzionali sembra siano finiti i tempi degli ultimatum (tipo “o me o il Senato“).

Sarebbe un cambiamento positivo, come avevamo cercato di spiegare indicando che una soluzione era possibile, attraverso una mediazione “alta”, nell’interesse, anzitutto, dei cittadini ai quali interessa avere leggi migliori, approvate magari più rapidamente, ma soprattutto votate da chi hanno scelto (e non da chi è stato pescato dai capi-partito tra i loro amministratori locali).

Ecco, è il potere degli elettori di scegliere gli eletti e la loro capacità di incidere sulle decisioni pubbliche la nostra bussola e la nostra costante preoccupazione.

In questa, come in molte precedenti occasioni: lo avevamo ricordato appena qualche settimana fa.

Sulla riforma del Senato (che vorremmo diventasse la riforma del Parlamento, perché vorremmo cambiare anche la Camera, a partire dal numero dei deputati, davvero troppo alto), quindi, si può forse cominciare un confronto sereno, considerando seriamente tutti i progetti, a partire oltre che da quello del Governo (il più pubblicizzato), da quello Chiti e poi, alla Camera, anche da quello (A.C.2227) – molto simile a quest’ultimo – che ho presentato con alcuni colleghi. Perché se sulla necessità di una riforma e anche su alcuni dei famosi “paletti” (che obiettivamente non è bello piantare in una Costituzione) c’è sempre stata convergenza (penso in particolare al voto sulla fiducia e a quello sul bilancio lasciati solo alla Camera dei deputati), le divisioni più forti sono sempre state sulla composizione.

Noi, infatti, con parte del Pd, gran parte di Fi, il Ncd, il Movimento 5 stelle, Sel, Scelta civica e anche alcuni senatori di altri gruppi abbiamo sempre ritenuto che il Senato dovesse avere funzioni diverse ma serie e effettive e per questo dovesse rimanere (almeno in gran parte) elettivo.

Abbiamo sempre pensato, insomma, che o si compie una scelta monocamerale (difficile ma possibile), con una vera abolizione del Senato, o non si può mantenere un Senato inutile (e per questo davvero troppo costoso) abolendo i senatori.

Mi pare che oggi, dopo settimane di arroccamento su una linea diversa, divenuta progressivamente sempre più minoritaria (anche se portata avanti dal governo), sia caduto il tabù della non elettività. La soluzione che si intravede sulla stampa, ancora un po’ indefinita, è infatti quella di un Senato senza più sindaci-senatori part-time – né illustrissimi nominati dal Presidente – (proposta che non corrisponde a nessuno dei modelli esistenti né era mai stata avanzata dal nostro partito), nel quale sarebbero eletti – seppure in collegamento con i Consigli regionali – veri e propri senatori a tempo pieno.

È indubbiamente un passo importante nella direzione che avevamo indicato.

Certo, rimangono non pochi dubbi sulle modalità di elezione, ma la discussione che entrerà nel vivo la prossima settimana dovrà servire anche a chiarire questi. In particolare, infatti, stando a quello che viene accreditato come il punto di mediazione, l’elezione avverrebbe contestualmente al Consiglio regionale (una quota del quale, se capiamo bene, sarebbe destinato a Palazzo Madama).

Questo comporterebbe – mi pare – qualche complicazione tecnica (forse in relazione alle stesse leggi elettorali e statuti regionali, oltre che in relazione alla prima composizione), ma soprattutto dovrebbe fare i conti con il fatto che si tratterebbe di una previsione molto simile a quella della riforma costituzionale del 2006, bocciata sonoramente dagli elettori nel referendum del giugno di quell’anno.

Forse – sempre cercando di difendere le scelte dei cittadini – dovremmo trovare soluzioni migliori. Abbiamo le nostre proposte e siamo aperti a quelle di altri, partendo dalla elettività di tutti i parlamentari (molto ridotti nel numero e nei costi) e dal riconoscimento anche al Senato di importanti funzioni, per quanto distinte da quelle della Camera.

P.S.: una sola annotazione, da ultimo: capisco che demagogia voglia che i senatori siano a pane e acqua, ma se li pagano le Regioni e non più il Senato, che cosa cambia? Davvero questo è il modo per superare la questione della casta? Davvero questo è il problema? Perché non ridurre le indennità di tutti i parlamentari, e basta, senza fare cose che non hanno senso?

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