Non è la prima volta che Maria Teresa Meli afferma cose sul mio conto al limite della diffamazione.

All’inizio delle primarie mi dedicò un unico servizio, per affermare, a tutta pagina, che mi sarei ritirato, per un accordo con Renzi (sì, ciao). Smentimmo, ma si sa come funzionano i giornaloni.

Questa volta a Servizio pubblico – che non stavo seguendo – dice che le avrei confessato che non credo alla battaglia (così mi dicono l’abbia chiamata) del Senato. Non è vero, ovviamente, e mentre lei dice cose che contraddicono quanto lei stessa scrive (la settimana scorsa ha fatto un pezzo per spiegare che c’era un accordo tra me e Grillo), registro che dodici senatori già del M5s hanno firmato il testo di Vannino Chiti e altri per una riforma del Senato. E tanti esponenti di altre forze politiche dichiarano il loro interesse a discuterne, come avevo previsto: da destra a sinistra, per fare una riforma migliore di quella presentata dal governo. Oggi anche i professoroni filogovernativi hanno chiesto che siano introdotte alcune modifiche, perché il testo presentato è evidentemente carente e sbilanciato anche a detta dei sostenitori dell’operazione di abolizione (che non lo è) del Senato.

Avanti così. Se pensano di intimorirmi (notevole anche il solito servizio del Tg3, per il quale sono un ufo da strumentalizzare, come si è visto anche stasera) si sbagliano. E anche se non rispettano il mio lavoro, mi dispiace, ma continuerò a rispettare il loro. Anche se secondo me – tutto considerato – non è proprio giornalismo giornalismo, diciamo.

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