La battuta di Spinoza è cattiva ma ci sta tutta:

Il Senato non sarà elettivo. Come la Camera.

Perché è chiaro che il cortocircuito (voluto, ahinoi, da quasi tutto il Pd) tra riforma elettorale e riforma costituzionale impone che si valuti tutto insieme.

E così il problema è determinato soprattutto dalla funzione e dalla rappresentanza, almeno per me: perché un Senato pasticciato non serve, sarebbe meglio non averlo del tutto. Ma se la Camera è una sola, bisogna riflettere bene sia sulla rappresentatività sia sul bilanciamento dei poteri. E sul sistema elettorale con la quale si eleggono i suoi membri.

Si ragiona quasi esclusivamente in termini di soldi (non chiamiamole risorse, perché si parla proprio di soldi soldi) e di metri quadri: quanto spazio occupa un senatore? Quanta acqua consuma? Se lo prendo in casa, sporca?

Forse dovremmo riflettere un po’ di più sul fatto che un senato di volontari del fine settimana non ha molto senso. E che non ce l’ha nemmeno un Parlamento sbilanciato. E che se si vuole cambiare, i soldi e i numeri sono importanti, ma vanno accompagnati o, meglio, preceduti da una riflessione seria sul complesso della riforma che si propone. Vale anche per il fatto che, con la riforma del titolo V, si toglie potere alle autonomie e nello stesso tempo si fa una Camera (molto) bassa delle autonomie, che appare parecchio contraddittorio.

Abolire il Cnel per farne un altro (che assomiglia a un Cral, dice qualcuno), poi, sarà difficile da spiegare.

Non fare votare più le persone, non fare scegliere loro i loro rappresentanti, non allargare la rappresentanza in tempi di disaffezione e di astensionismo, infine, sarà impossibile.

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