Valentina Spata e i 101 giorni del governissimo.

Un governo che parla di “bene collettivo” sin dal primo giorno di insediamento ma che è distante dai problemi reali del Paese.

Penso ai giovani, che vedono un Paese sempre più indietro, sempre più affranto dal clientelismo, tanto da essere sempre più incoraggiati (oppure obbligati) ad abbandonarlo. Soprattutto al Sud. Soprattutto in Sicilia, dove vivo. Penso alle imprese, che sono più che mai soffocate dalla crisi dei consumi, dalla stretta al credito e da una burocrazia sempre più arrogante, incapace e lenta. Alle famiglie, che non possono più guardare con serenità al futuro dei propri figli. Penso alle persone “svantaggiate” a cui questo Paese non ha saputo mai dare attenzioni. Quelle giuste, quelle previste dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti dell’uomo. Penso che così il nostro Paese non uscirà dal buio del tunnel e saremo costretti (mi auguro di no) a retrocedere avvicinandoci sempre più a Paesi come la Grecia e il Portogallo.

E vedo un Parlamento che tenta a stento di capire quali bisogni sono prioritari per il nostro Paese. Credo che non li abbia capiti. Lo dimostra il fatto che, ancora una volta, siamo impegnati a guardare i problemi che Berlusconi ha con la giustizia (sapevamo tutti che sarebbe finita così) e questo Pd, che tutti noi abbiamo contribuito a far nascere e crescere, non riesce ad imporre la propria linea politica, quella di cui abbiamo parlato in campagna elettorale.

E credo che per gli italiani, e direi anche per noi “dissidenti” del Pd, è fondamentale che il tema sulla “questione morale” non resti solo uno slogan per pulirsi la coscienza. Come spiegheremo ai nostri elettori e ai cittadini che stiamo Governando con un pregiudicato? E che a causa dei suoi problemi giudiziari siamo stati costretti a bloccare anche al’attività parlamentare?

Per noi è più importante che si punti sulla ricerca, si investa sulla scuola pubblica e non su quella privata, che si riducano gli acquisti per gli F35, che le imprese ritornano ad avere ossigeno, che i diritti dei lavoratori vengano tutelati, che i giovani trovino le opportunità nelle loro terre e non all’estero, che ognuno abbia riconosciuto i propri diritti, che la legalità diventi un principio di vita e non uno slogan a convenienza, che le banche smettano di essere roccaforte dei potenti e talvolta, troppo spesso, dei partiti.

E per me che sono siciliana, interessa anche che il Meridione non sia terra di conquista in campagna elettorale. Perché ricordiamoci tutti: ognuno è sempre meridionale di qualcuno. E il Meridione è fonte di sviluppo per tutto il Paese.

Sogno di un paese dove parole come cultura, leggi, rispetto, uguaglianza, civiltà, umanità e solidarietà non siano soltanto delle belle, ma purtroppo inutili parole, ma rappresentino invece le basi di un popolo che ha fatto di quel sogno, di quello stupendo sogno che si chiama Costituzione Italiana, le sue fondamenta. Sogno un paese in cui nessuno rimanga indietro. Un paese che scommette sugli italiani e sul loro talento riconosciuto nel mondo.

Voglio che si ridiscutano con l’Europa le regole, a vantaggio dei cittadini, perchè così non ce la facciamo. Voglio che l’Italia da domani diventi neutrale, che dichiari il disarmo, che ritiri i nostri fratelli da posti dove si fanno “guerre di pace”, dove si muore per cosa non si è ancora capito. E voglio subito che l’Italia si faccia pioniere di questa battaglia. E’ scritto nella Costituzione.
Allora forse siamo di fronte all’ultima occasione. C’è ancora tempo per muoversi, c’è ancora tempo per cambiare le cose. Abbiamo una strada da percorrere, per non perdere definitivamente il treno. Occorre avere il coraggio delle proprie scelte. Occorre il coraggio di decidere. Sì, perché il nostro partito decide spesso di non decidere.

Occorre interpretare quella sensazione di insoddisfazione nemmeno tanto latente, e quella voglia di cambiare che tanti di noi possiedono e che non riescono a sfogare. Perché semplicemente sono bisogni ancora non rappresentati da questo Governo.
I cittadini hanno chiesto un governo di cambiamento, non un governo di restaurazione.

Dunque si deve cambiare pagina con un’alleanza conforme al mandato elettorale che i cittadini ci hanno dato. E se non è possibile, dopo aver cambiato la Riforma elettorale, si torna al voto.

E il Pd è disposto a fare queste cose? La risposta della base la conosco, quella dei dirigenti non l’ho ancora capita. Per fortuna, c’è ancora qualcuno, tra i dirigenti che ci rappresentano in Parlamento e nel partito, che riaccende quella speranza che ci tiene ancora qui, pronti a muoverci per difendere il nostro futuro e il nostro Paese, oltre che il nostro partito.

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