Che chiudere gli occhi sull’affaire kazako e sulle vicende deviate o occultate o insapute che riguardano il destino di una mamma e di una bambina espulse dal nostro Paese per ricattare il marito e il papà proprio nel giorno in cui si commemora la vita e la morte orribile di Paolo Borsellino ha un significato particolare, in un Paese come il nostro.

Non sono paragonabili i due eventi, certamente, e non è questa la mia intenzione, anzi, la mia sensazione.

Ma non si può non pensare che fare luce (sempre) dovrebbe essere il compito della politica, in ogni sua manifestazione, a destra come a sinistra. E che una democrazia matura non può vivere con un’ombra che la sovrasta e, in alcuni passaggi decisivi della sua storia, la avvolge e la copre, esattamente come si coprono gli apparati, i servizi, gli alti funzionari che si finge di non conoscere e le tante cose che ci dimentichiamo. Anzi, che facciamo di tutto per dimenticarci.

Nella vicenda di cui si discute oggi, in una versione che ha del farsesco, i funzionari del ministero dell’Interno (questa è la tesi della difesa) si sarebbero dimenticati di informare Alfano, e Alfano si sarebbe dimenticato di chiedere conto di quell’insistente richiesta dei kazaki, che aveva trasferito al proprio Capo di Gabinetto, che si è dimesso, poi, per farci dimenticare altre responsabilità.

Ecco perché noi ricordiamo. Per non dimenticare.

Sono gli stessi soggetti che si dovrebbero occupare della nostra sicurezza e del contrasto della criminalità, qui da noi. Con la politica che si gira dall’altra parte, per non vedere, per non essere coinvolta.

Su un altro piano, tanti anni fa, quando eravamo ragazzini e prima che votassimo per la prima volta, Paolo Borsellino fu fatto esplodere e poi, nei mesi e negli anni a seguire, fu fatta esplodere la storia della sua esplosione, in mille storie e controstorie e piste e depistaggi. Tanto che ancora non sappiamo che cosa sia successo, e chi fossero i protagonisti dell’omicidio suo e di chi era con lui.

E pazienza se qualcuno ci dirà che siamo nostalgici o anime belle, che la vita va avanti, che sono cose più grandi di noi, che bisogna chiudere una stagione, che ci sono cose più pressanti che l’attualità ci impone e che bisogna parlare piuttosto di economia e di lavoro, come se tutto questo non c’entrasse.

Le donne e gli uomini hanno una particolarità essenziale: hanno una storia.

Dimenticarsela è pericoloso, non solo per il presente, anche per il futuro.

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