Ho l’impressione che stia prendendo piede un equivoco, a proposito del rapporto – che necessariamente ci sarà, non potrebbe essere altrimenti – tra il congresso del Pd e il governo in carica.

Se, come hanno detto tutti gli interessati, a partire dal Presidente del Consiglio incaricato, questo non è “il nostro Governo”, non capisco perché chi si candida al congresso del Pd debba sentire il bisogno di premettere che non lo fa “per tirare uno sgambetto al governo”.

Epifani stesso, alla Direzione Nazionale della scorsa settimana, ha annunciato una prima fase – di cui nessuno ha più parlato, ma attendiamo con fiducia – di discussione nei nostri circoli, tra la famosa base: una discussione che avviene dopo la formazione del governo stesso, e non prima, come sarebbe stato più opportuno e come in (non) molti avevamo chiesto: ebbene, cosa succederebbe se da quella discussione emergesse un giudizio negativo su questo governo? E’ un’ipotesi che non mi sentirei di escludere, ecco.

E allora, proporrei di ribaltare i termini della questione: sono i candidati al congresso, che rischiano di fare uno sgambetto al governo, o è piuttosto il governo a sgambettare il Pd? Cosa è disposto a fare, questo esecutivo, per gli elettori del Pd e dell’ormai disciolta coalizione Italia Bene Comune? L’impressione, al momento, è che qualsiasi iniziativa parlamentare nata nel solco e nel rispetto del nostro programma originario, ancor prima che per l’opposizione dell’alleato berlusconiano (sic), venga stoppata dalle preoccupazioni del Pd stesso, quello più solidamente governativo. E’ successo con la clausola di sicurezza elettorale del ritorno al Mattarellum, morta nel gruppo Pd prima ancora che se ne potesse discutere fuori, può succedere su molte altre iniziative, a partire dall’annosa questione dell’acquisto degli F35, di cui ancora molti di noi, malgrado le larghe intese e il clima mutato, non sentono il bisogno.

Il governo, non chi si candida a segretario, ci dica cosa si può fare che almeno un pochino ci somigli, perché l’impressione al momento non è quella di un grande spazio di manovra, anzi. Chi si candida al congresso deve poter proporre una linea libera, che al limite sarà giudicata da militanti ed elettori (sperando che il regolamento glielo permetta): la questione non è quella di porsi il problema di come reagirà il governo, e lo sgambetto è impedire che si facciano le cose per cui i nostri elettori ci hanno votato. Posto che a chi sta al governo questo interessi, o che sia disposto a battersi, prendendosi anche qualche rischio sulla propria posizione, per realizzarle.

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