Nelle ultime ore gira una voce che la dice lunga sulla situazione in cui versa la politica italiana: nel più incredibile dei paradossi, a Grillo andrebbe bene che andasse avanti a governare il Paese quello stesso Mario Monti (detto Rigor) che lo regge dalla fine del 2011. Il motivo? Evitare di porsi il problema del nuovo governo, aggirare lo ‘scoglio’ della fiducia e non compromettersi in alcuna alleanza e in nessun impegno con altre forze parlamentari.

Se riprendo la questione è perché questa mattina ne scrive anche la Stampa e devo dire che se non dovessero cambiare le premesse di questo dibattito ci sarebbe poco spazio per fare qualsiasi cosa.

La fiducia, infatti, è necessaria, anche per fare un governo di pochi mesi e con cinque priorità condivise e da affrontare. E non può non esserci perché, se il M5S non parteciperà al sostegno di questo ipotetico governo, dovrà farlo qualcun altro e, nel caso, cambierebbero parecchio proprio le priorità condivise e da affrontare. Una soluzione, quest’ultima, che (guarda un po’) piace molto a Berlusconi e che dispiace a quasi tutti nel Pd: anche a D’Alema, per dire, che ha precisato il tiro dopo la sua intervista al Corriere.

Per fare un governo, insomma, anche «un governo a progetto», la fiducia ci vuole e lo stesso governo e le cose che può fare dipendono da chi la fiducia la dà. E la fiducia si chiama così perché la fiducia poi si può togliere: tutto ciò fa parte del confronto parlamentare. Anzi, fa parte di una consuetudine democratica che vale anche per le assemblee di condominio.

La fiducia non è un alibi, né un ricatto: è il motivo da cui si parte per un nuovo governo. Se non c’è la fiducia, non c’è nemmeno quello.

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