Qui c’è un dato interessante sulle tasse pagate dagli stranieri regolarmente residenti in Italia (a cura di Nicola Zanardi):

Una ricerca della preziosa Fondazione Leone Moressa sui comportamenti fiscali degli stranieri smonta qualche pregiudizio alimentato negli anni. Nel 2010, gli immigrati hanno pagato tasse in Lombardia per oltre 1,6 miliardi, con la media più alta d’Italia: circa 3.766 euro a testa. Inoltre, un quinto del totale degli stranieri in Italia vive qui. Altra sorpresa per chi è abituato ad associarli solo alla cronaca nera: i romeni sono i contribuenti che complessivamente pagano di più (poco più del 10 per cento di tutto il gettito Irpef fornito dagli stranieri in Italia), seguiti da francesi, svizzeri e tedeschi, che sono meno numerosi, ma versano cifre pro capite ovviamente più alte. Nel 2011 la Fondazione Ismu, nel suo rapporto sulle migrazioni, ha censito solo 27 mila stranieri in più in tutta Italia. Solo fino a due anni prima si registravano circa 500 mila nuove presenze l’anno. Il calo, ovviamente, colpisce molto di più le due aree più attrattive: le grandi aree urbane di Milano e Roma e il Nord Est.Oltre a non attrarre cervelli e a far scappare i nostri, si fa sempre più fatica a trattenere gli stranieri che vivono qui. Qualcuno, non si sa se più per ignoranza o per ottusità, se ne mostra contento, ma questo è un pessimo segnale. La crescita economica zero (o quasi), stabile da tanti anni, alla fine ha provocato la crescita zero dell’immigrazione, dopo un decennio dove gli stranieri, nel nostro Paese, sono passati da 1,3 milioni a più di quattro volte tanto. Ma allora gli immigrati rubano davvero il lavoro? Neanche per sogno. Sempre più svolgono attività complementari a quelle degli italiani: lavori spesso insostituibili in settori cruciali come la sanità, l’assistenza domiciliare nelle sue forme più varie, nel commercio e nei servizi. Su più di 600 mila imprenditori stranieri, la gran parte opera nel Nord Italia e la Lombardia è prima per indice di attrattività occupazionale. Il che non vuol dire che, senza lavoro e con difficoltà inclusive più alte che in altri Stati, gli stranieri possano aspettare. Andranno dove pensano che si possa trovarlo, il lavoro. Gli immigrati minacciano gli equilibri della città? A Londra, il censimento del 2011 certifica che i «non inglesi» di origine (asiatici, neri, sudamericani eccetera fino agli altri europei) hanno superato gli inglesi bianchi (che sono il 45% della popolazione) eppure, nel 2012, Olimpiadi e turismo sono stati al top e la stessa City non appare affranta da questo sorpasso. Giova ricordare che la parte più giovane della popolazione lombarda è sempre più costituita da giovani immigrati di seconda generazione. Anche chi vuole trattenere il 75 per cento di tasse sul territorio sarà opportuno si ricordi di loro. Emarginarli da qualsiasi forma di rappresentanza, negargli diritti a cui una civiltà che sia tale non può sottrarsi è la vera tassa che paghiamo alle grandi città del mondo. Dove sui parametri del rispetto reciproco e di pari opportunità, persone e culture diverse hanno costruito le fondamenta della loro capacità di convivenza e attrazione. Renderli invisibili allontana questi giovani da un futuro nelle nostre città. Ma allontana anche il futuro dalle nostre città.

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