Non ho condiviso le modalità con cui Laura Puppato si è candidata alle primarie del Pd e non ho promosso alcun comitato in suo sostegno.

La terza posizione avrebbe avuto bisogno di un lavoro corale e, come ho già spiegato, le cose sono andate diversamente, senza che si raggiungesse un’ipotesi di lavoro comune a tutti coloro che si erano candidati all’inizio di settembre.

C’è una ragione politica abbastanza evidente (e indipendente dalla volontà di chi si è candidato come ‘terzo’): il plot di queste primarie invitava e invita alla polarizzazione, e le stesse regole sono andate – guarda caso – in quella direzione (nonostante oggi molti si dicano sorpresi di quanto sta accadendo). Non c’è grande spazio per le sfumature, diciamo. E le regole, arrivate ‘dopo’ non hanno di certo aiutato gli outsider, che non sono stati coinvolti nemmeno nella loro elaborazione. E purtroppo in assemblea nazionale, in pochi (otto, tra cui il vostro affezionatissimo) si sono opposti al percorso indicato, che tante polemiche sta suscitando.

Detto questo, da qualche ora ho chiesto a chi collabora con me (anche se sono io a collaborare con loro, come ripeto spesso) di dare una mano alla raccolta delle firme per Puppato. E secondo me lo dovrebbero fare tutti, a partire dai due principali concorrenti.

Perché si sta ingenerando un passaggio pericoloso, intorno al fatto che la terza sia una donna, con un profluvio di atteggiamenti maschilistici di ogni sorta. In una direzione o nell’altra, certamente, ma soprattutto in una direzione: la solita. Con apprezzamenti non solo poco decorosi, e corrivi, ma anche gravi sotto il profilo politico. Oppure con quel paternalismo tipico per cui si sostiene: «ci vuole anche la donna». Che è simmetrico al precedente.

Togliamo di mezzo la «questione maschile» dal nostro dibattito, per favore, dimostrando la maturità necessaria a un partito progressista in senso pieno.

Per il resto, alla luce di questo sistema di regole parecchio escludente per chi non fosse già lanciato, sarebbe un atto di ragionevolezza fare in modo che – a questo punto – Laura Puppato partecipi alle primarie. Perché lei ha cercato e trovato i 100 delegati per presentarsi, perché le sue ragioni sono state manifestate e chi si scandalizza per le regole dovrebbe farlo soprattutto per le soglie delle firme che sono state introdotte (soprattutto quelle 18.000 in una settimana tra gli iscritti del Pd che costituivano il primo passaggio per poter partecipare, senza che fosse noto, allora, il secondo, per altro). E nessuno protestò, allora, se non i pochissimi di cui si è detto.

E sarebbe un atto di civiltà e ragionevolezza anche evitare pericolose montagne russe sulla privacy, perché l’albo ci deve essere (anche perché c’è sempre stato), ci si deve poter registrare il giorno stesso e in un posto che non sia lontano un chilometro dal seggio, e deve essere consultabile solo da parte di chi ne ha titolarità e di chi lo userà, come chiedo da un secolo, per coinvolgere questi elettori anche nel prosieguo (che poi sarebbero la campagna elettorale, e il mandato politico per il quale ci si candida). Mettere online i nomi di quattro milioni di persone non ha molto senso e secondo me non serve proprio a niente. E, a meno di non immaginare un «google democratico», non sarebbe nemmeno consultabile. Tra chi brandisce la privacy (a giorni alterni) e chi non se ne cura, in medio stat virtus, direi.

Queste cose non c’entrano con il merito della competizione, ma con il suo successo sì.

Da ultimo, avrete notato che ci saranno anche le primarie per il Pdl, nello stesso periodo. Le code ai seggi saranno diverse, insomma. E forse anche questo conta, no?

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