I giornali di oggi sono pieni di rottamazioni.

I Giovani Turchi propongono la rottamazione governativa: spiegano che chi ha già fatto il ministro (alcuni più di una volta) non dovrebbe rifarlo. Argomento durissimo, la rottamazione più violenta, che inevitabilmente si ritorce, però, sul segretario del Pd, che il ministro l’ha fatto più volte, e su tutti i suoi principali sostenitori.

Questi ultimi si sentono “graziati”, così si legge nella puntuale intervista di Franceschini su Repubblica (in cui per altro si affermano cose molto diverse da quelle che Bersani dice a proposito del nuovo sistema elettorale, ma non fa niente), perché sono in Parlamento da meno di 15 anni, e allora va tutto bene così.

Nel frattempo, Renzi, che ha recentemente “graziato” Letta perché non ancora “quindicenne”, spiega che se vince, tutti a casa (ma non Letta, né Franceschini, per dire), e se perde, invece, c’è il riequilibrio, come se stessimo facendo un congresso di partito, e come se non avessimo detto, fin dalla prima Leopolda, che i parlamentari non dovrebbero essere scelti sulla base degli equilibri o ad nutum dal capo di turno ma, in ragione di un pluralismo e di una vera concorrenza a livello territoriale, attraverso le primarie per i parlamentari. Per ridare fiato e senso alla rappresentanza, per aprire ad una sfida che non sia quella dell’affiliazione, ma della generazione (che se ci pensate sono proprio due cose opposte).

Meno male che in tutto questo c’è Fabrizio Barca, che – partendo dal libro Why nations fail di cui molto si parla, in questi giorni – spiega:

L’Italia ha bisogno di una nuova classe dirigente. E’ un Paese che va ‘shakerato’ perché si aprano tutte le porte. Il governo Monti ha cominciato a scardinare il vecchio sistema, creando varchi, incuneandosi nella muraglia. Questo è il testimone che passerà al prossimo esecutivo politico. Il rigore si può fare anche senza le riforme, ma la crescita e l’equità si ottengono solo se si sbloccano le cause che rendono immobile il nostro sistema. La creazione di una nuova classe dirigente non sarà un processo veloce e nemmeno indolore. Si produrranno conflitti perché c’è chi perderà e dovrà farsi da parte.

Questo, per me, è il punto dell’agenda Monti da portare anche nel 2013 (per il resto, faccio notare en passant, non c’è bisogno di candidare chi sostiene tout court l’agenda Monti, perché potrebbe esserci Monti stesso, con l’agenda, no?).

Il problema sono la rendita di posizione e il concetto di diritto acquisito esteso a tutto quanto, anche ai privilegi e alle relazioni di potere inconfessabili che attraversano le trame della politica, al di là degli schieramenti ufficiali. Il problema è mettere insieme uguaglianza e concorrenza leale (che nel 2012 sono la stessa cosa), togliendo la politica da dove non ci deve stare, e mettendocela dove non c’è mai stata. Il problema è mettere insieme una classe dirigente che raccolga questa doppia sfida. E proiettarla sull’Europa, superando di slancio il provincialismo di questi ultimi anni (e, forse, di sempre). Tutto il resto è un rumore lontano.

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