La nota di Mila Spicola, su Facebook.

Oggi alle 16.30 il presidente Lombardo annuncerà le sue dimissioni. A mezzanotte io eliminerò il gruppo che avevo fondato quasi due anni fa.Come dire: chi la dura la vince? Non so, non credo. C’è l’amarezza che tutto sia troppo tardivo, c’è l’amarezza nell’aver previsto lo sfascio e il baratro in cui siamo e non essere riuscita a contrastarlo, anzi, aggravato dal militare in un partito che ha contribuito, con le sue decisioni di maggioranza, a alimentarlo questo sfascio.

C’è la tristezza dolorosa degli ultimi anni recenti, del ricordo personale di una telefonata che mi arrivò quando uscì la lettera a firma mia e di Giuseppe Ciraolo contro Lombardo su l’Unità (controfirmata da dirigenti nazionali, da Civati, da Scalfarotto, da alcuni, troppo pochi, rigorosamente non siciliani), in cui mi si diceva senza mezzi termini “ci hai messo in ‘imbarazzo’, ‘l’hai scritta per protagonismo”.

Perché è facilissimo delegittimare le prese di posizione col giudizio alla persona e non analizzando i motivi o il merito politico delle azioni o delle posizioni. E’ lo sport preferito da molti. Legittimare sempre, legittimare comunque.
Alcuni di noi dentro il PD hanno sempre sentito insopprimibile la necessità di recare “tracce” reali e visibili del proprio essere contro una linea che non poteva essere assolutamente condivisa. Per non finire nell’unico calderone del chiacchiericcio indistinto.

Se poteva ammettersi un voto di sostegno al governo Lombardo poteva essere quell’unico, unanime e condiviso da tutti, quello del 19 dicembre del 2009, quando fermammo le ruspe degli inceneritori a Bellolampo. Di questo si trattò e in pochi ancora oggi lo sanno o fanno finta di non saperlo. Quello votammo allora e quello voterei ancora e subito. Il dopo no. Mai.
Ma forse potevamo fare di più. Dire di più. Certo non il regalo di lasciare il PD come tanti, tanti, ci hanno sempre “consigliato”. Dentro e fuori.

Oggi costoro, finalmente minoritari, ma non meno arroganti, che sono andanti avanti nonostante tutto, sono quelli che hanno messo noi in imbarazzo, che hanno condiviso a braccetto (da Roma a Palermo attenzione, dai vertici alla periferia) un governo colluso con forze criminali, un governo politicamente inetto e incapace, un governo mediocre e inefficiente. Oggi costoro sono quelli che hanno portato al tracollo un patrimonio storico-politico collettivo, una speranza politica sana quale dovrebbe essere il PD, in Sicilia come altrove, in nome di un “realismo politico” che è solo un altro nome per indicare l’autoconservazione balcanica di alcuni eletti con ogni mezzo.

Tanto imbarazzante e non giustificabile da farmi pensare, me che nel “partito come luogo di azione” ci credo, a un piccolo saggio di simone weil, risalente agli anni 30 e non al grillismo deteriore, sulla necessità della soppressione dei partiti politici. Perchè oggi luoghi di asfissia, di balcanizzazioni di singoli, di impossibilità di espressione libera di azione e pensiero politico.

Eppure penso che ancora si debba difendere e ricercare un luogo di rappresentanza ed elaborazione politica che sia il lugo della mediazione e non della delega diretta a questo o a quello. Che elimini il pericolo del particolarismo leaderistico, la somma ad unum di ogni decisione ultima. Anche se, lo so, adesso, in questo istante, è quello che cercano le persone. Quando si ha paura, quando le cose sono troppo difficili le scelte è più facile delegarle a un “nome”, a un “santo”. Che non troveremo mai perchè non è questo il valore della democrazia. Gli uomini sbagliano è normale, sono le idee quelle che devono ricercarsi, non i santi.

C’è la consapevolezza che il problema adesso non è tanto il “Lombardo” che è fuori di noi, ma il “Lombardo” , il “Cuffaro” che sono dentro l’animo di tanti, troppi elettori siciliani, anche inconsapevolmente. E questi tanti, troppi siciliani non hanno ancora capito che la via verso il suicidio collettivo si intraprende quando si connive con clientelismo e interesse di parte. Quando non si crede e non si ha nessuna fiducia nelle vie comuni. Quando la ragione particolare, individuale, personale sovrasta sempre la ragione dell’altro, di colui o coloro che abbiamo di fronte e mai accanto.Che portano a connivere e a colluderci coi peggiori, a far finta di non vedere, a giustificarli quasi, perchè anche loro mangiano allo stesso piatto.

Il processo Cuffaro e quello Dell’Utri hanno provato che il potere elettorale dell’Udc e di Forza Italia in Sicilia si fonda e si è fondato in un patto certificato di scambio di potere con le forze criminali e mafiose. La stessa cosa per Lombardo.
Vogliamo far finta di non sapere? Vogliamo continuare ad affermare che “in fondo Cuffaro sta portando avanti la sua pena con dignità” diminuendone le responsabilità immense? Vogliamo a ottobre tornare alle urne a osservare con “realismo politico” le acrobazie elettorali a cui assisteremo?
Vogliamo che le nostre “maggioranze interne” qualora arrivassero nuovamente a simili conclusioni prevalessero anche nell’animo degli elettori? A voi lo chiedo. Vogliamo questo?

Mi verrebbe da dire a chiunque: il potere è nella matita nella cabina elettorale, come diceva Borsellino, ma, dopo aver attraversato le campagne elettorali degli ultimi cinque anni in ogni angolo di Palermo, dal centro alla periferia, so che oggi come allora, come sempre quello che ho sentito da tanti e troppi non è “cerco il bene della Sicilia”, ma “cosa c’è per me”. Non solo a fin di “male” attenzione”, ma come difesa della propria parte e non a difesa della mediazione democratica tra diversi che porta a fare piccolissimi passi in avanti tutti insieme e non solo alcuni mentre gli altri continuano a sprofondare sempre più indietro. Altro che mediazione tra diversi in vista del bene comune. Anzi, abissi si sono scavati tra i diversi. Abissi ideologici, come abissi economici.

E dunque che gioia possiamo avere oggi dalle dimissioni di Lombardo? A ottobre, se non saranno in minima parte cambiati i desiderata di chi vota, un altro Lombardo ci sarà a Palazzo dei Normanni.

Come si cambia? Chissà. Predisponendo un’alternativa di vita comune che nasca dall’esempio personale, dalla storia personale e non dalle parole. Forse. Io ci credo.

Qualcuno qui ha scritto ‎”Non so se crederci ad un’alternativa di vita comune….” abbiamo lo stesso sentire. Ma tra il non crederci e il crederci dobbiamo scommettere per la seconda via. Un pò come la scommessa di fede pascaliana. Non penso che abbiamo altre scelte.

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