Che cosa intendiamo con «qualcosa di nuovo»? Che cosa diremo sabato mattina, a partire dalle ore 10, al Circolo Bellezza, a Milano?

Proveremo a cambiare completamente le etichette, le definizioni, le categorie. Il punto di vista, insomma.

Non partiremo dalle alleanze, ma da una «coalizione di iniziativa popolare», che chiarisca prima di tutto gli obiettivi, le modalità e gli strumenti e poi scelga gli alleati che siano disposti a farli propri, uscendo dal politicismo asfissiante che caratterizza la politica italiana da troppi anni.

Non partiremo dall’ingestibile dibattito sul ricambio (spesso solo ad usum delphini) che abbiamo visto in questi anni, ma da un rovesciamento del punto di vista, per cui il campo sia finalmente contendibile tra soggetti diversi, perché si possa restituire rappresentanza (il tema dei temi) al sistema politico italiano: chiedendo, insomma, a chi si sente nelle condizioni di farlo, di candidarsi come parlamentare del centrosinistra. Perché una nuova generazione (in tutti i sensi) della politica c’è già, si tratta solo di metterla in evidenza e di darle la possibilità di concorrere, com’è giusto che sia, con chi c’è da sempre e non sembra minimamente intenzionato a farsi un’altra vita.

Faremo come se il Congresso – di cui tutti parlano sui giornali, senza affrontare, nel quotidiano i problemi e le incertezze del Pd – già ci fosse, indagando le forme della politica, le sue regole, le sue modalità organizzative e, ancora, chiedendo un confronto a tutti quelli che si trovano sulla soglia del Pd (probabilmente il partito più grande, in Italia, dopo quello degli astensionisti), che cosa sia giusto fare per dare un progetto al partito e al Paese che appare ancora troppo sfuocato.

Porremo il protocollo di Canossa, sulla legalità, e il progetto di Quarto, sulle primarie per i parlamentari e la libera scelta degli elettori, come «condizioni» indispensabili per le sfide del futuro.

E indagheremo questo futuro, con una grande indagine demoscopica e partecipata e deliberativa, e, sempre rispetto a quello che verrà, avvieremo la ricerca delle migliori politiche (non solo le buone pratiche, le migliori politiche) da mettere al centro della proposta di governo dal 2013 in poi. Non formule astruse, ma simboli e modelli che funzionano, insomma.

Perché è di questo che si dovrebbe parlare, non della foto di Vasto, a cui aggiungere Casini e far posto magari a qualcun altro. Non del conflitto irriducibile tra socialdemocratici e liberal (che poi, se proprio vogliamo adottare le solite etichette per l’ultima volta, sarebbe più utile sentirsi liberalsocialisti).

Per farlo, ci vuole una rete, che si allarga e si allargherà sempre di più. Senza particolari gerarchie, ma con un sentire comune, perché si possa, una buona volta, fare quella cosa che ci diciamo da tempo: #occupyPd.

Chi non viene, si tiene quello che c’è.

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