Che porta sfighissima. E poi non è la terza via, è l’unica. L’unica possibile, ragionevole, appassionante. E anche vincente.

Lo scrivono oggi su Europa i due senatori ecologisti Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. E dovremmo impararle a memoria, queste righe.

Personalmente e con gli amici di Prossima Italia lo sosteniamo da sempre (anche nelle ultime ore), e vorremmo che ci si confrontasse prima di tutto sul profilo che il Pd vuole assumere (dimmi dove vai, e non solo con chi ti allei, e ti dirò chi sei, insomma). Sulle parole (e gli argomenti) da scegliere e le cose (e le iniziative) da fare.
Sapendo – e lo ripeto per la milionesima volta – che la campagna elettorale verso il 2013 non solo è già iniziata, ma non riguarda il passato prossimo, ma il futuro. E il problema è quello di offrire una proposta di modernizzazione del Paese che sia, per una volta progressiva e sostenibile, perché le ultime modernizzazioni, beh, sappiamo che fine hanno fatto.

Lo diceva Galileo, socio di quel Copernico qui già richiamato e iscritto al Pd pisano: «Chi mira più alto, si differenzia più altamente». Ecco, ripartiamo da qui. Dal basso, verso l’alto.

Abbiamo meno di un anno davanti per decidere che partito vogliamo essere e su quale progetto vogliamo chiedere agli italiani di darci fiducia. La delicatezza, la drammaticità della crisi economica in atto, il dato indiscutibile che abbiamo fatto benissimo a sostenere lo sforzo di Napolitano e poi di Monti per salvare l’Italia e forse l’Europa dal baratro, non tolgono nulla all’urgenza di questo impegno: anzi lo rendono ancora più necessario, perché dopo questo intermezzo “tecnico” la politica non potrà certo tornare a proporsi, e a dividersi, secondo i confini e gli schemi degli ultimi vent’anni.
Abbiamo meno di un anno per convincere i 30 milioni di italiani dei referendum di giugno che per noi i beni comuni – si chiamino ambiente o legalità, coesione sociale o pari opportunità – sono la base su cui costruire un futuro di sviluppo e di benessere. Meno di un anno per combattere l’antipolitica nell’unico modo guiusto e utile: facendo intanto pulizia di tutte le nostre “zone grigie”. Meno di un anno per imparare a guardare ai problemi di oggi con occhi di oggi: smettendola di litigare tra nostalgici di un laburismo ormai stracotto e neofiti di un liberismo anch’esso ovunque boccheggiante, e convincendoci che la crisi economica cominciata nel 2008 non è una parentesi, chiusa la quale si può ricominciare “da dove eravamo rimasti”, ma segna un punto di non ritorno che impone risposte nuove ai problemi nuovi posti dalla globalizzazione, dall’allargamento intollerabile nella società italiana della distanza tra ricchi e poveri, dalla crisi climatica e ambientale. Impone, per esempio, di definire una “road map” credibile per il rilancio dell’economia basata su scelte coraggiose che liberino le migliori energie del Paese battendo conservatorismi di destra e di sinistra e promuovendo una vera innovazione, che faccia nascere lavoro e impresa nei settori per noi più promettenti.
Insomma, abbiamo un po’ meno di un anno per mettere in campo un’idea convinta e convincente di modernità, quell’idea che nemmeno il provvidenziale governo Monti sembra in grado di offrire agli italiani. Di un Pd così c’è un estremo bisogno, e peraltro – così ricordiamo – eravamo nati più o meno per questo.

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