La cosa più affascinante del dibattito all’interno del Pd è l’equazione Ferrandelli-Monti con superamento della foto di Vasto.

Come se qualcuno, vedendo la vittoria di Doria a Genova avesse commentato: non solo la foto di Vasto va bene, ma c’è un intruso. E quell’intruso è il Pd.

E Genova è una città dove il Pd governa, ha decine di migliaia di elettori, è erede di una scuola politica solidissima: eppure nessuno ha fatto come ora sta facendo qualcuno, al rovescio, con Palermo, dicendo che c’era un’equazione con il livello nazionale da individuare. Eppure si è votato solo tre settimane prima di Palermo, e Doria ha preso quasi il 50%.

Ma c’è un motivo in più per sorridere: Ferrandelli ha poco più di trent’anni, ma ha cambiato già cinque formazioni politiche: è stato nel Partito Umanista (umanista è anche il coordinatore della sua campagna elettorale), ha fatto parte di Altra Sinistra, ha militato nei Verdi, è stato pupillo di Orlando, infine capogruppo dell’Idv.

Più che da Palermo, uno così, viene proprio da Vasto.

E poi, per proseguire con i dati veri e non con le analogie campate per aria, Ferrandelli è stato sostenuto dagli esponenti del Pd favorevoli all’alleanza con Lombardo, che non è proprio uguale a Monti, nel profilo europeo e nel rigore ascetico-tecnico. Per dire.

Il vero problema, quindi, è su quello che vuole essere il Pd. A Genova, a Palermo e, un giorno, magari, a Roma. Ed è un problema precedente alle primarie di questa o quella città. Collegarle a Ferrandelli è molto tirato. Troppo. Anche perché poi due terzi degli elettori di Palermo hanno votato un’altra cosa: Borsellino e il candidato di Renzi. E ora, come la mettiamo?

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