Filippo Taddei e il vostro affezionatissimo, oggi, sulla Stampa, per interloquire con Luca Ricolfi.

Nella Repubblica delle tasse, libro in uscita di Luca Ricolfi, bisogna capire perchè la questione fiscale è importante e, se lo è, quale riforma fiscale possiamo permetterci. Una premessa: subiamo la crisi internazionale come gli altri ma cresciamo molto meno degli altri: meno di tutti i paesi ricchi, inclusi Grecia e Portogallo, dal 1995 al 2008. La differenza non è tecnica: mentre Finlandia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti potranno raddoppiare il proprio tenore di vita in 25 anni, noi dovremo aspettare un secolo. E non è un modo di dire.

La crescita è allora la questione politica più importante e per occuparcene dobbiamo tornare a scommettere sulle parti migliori di questo paese, chi ricomincia a rischiare ragionatamente, in prima persona perchè dedito al proprio lavoro. Per farlo però dobbiamo avanzare una riforma fiscale senza debito, non eversiva nei confronti dello stato, ma costruttiva nei confronti del paese. Per stare dalla parte della parte migliore del paese dobbiamo abbassare le tasse a chi lavora, a tutti quelli che lavorano. Per capire l’urgenza basta ricordare un numero 26.000. 26.000 euro è il reddito lordo, cioè prima di pagare le tasse, che bisogna avere in questo paese per essere ricchi, cioè più ricchi di 4 contribuenti italiani su 5. E' il reddito di un vice commissario di polizia o di una professoressa di scuola media con 20 anni di anzianità. 26.000 quindi non è solo un numero ma è soprattutto una bugia collettiva raccontata ogni anno da milioni di contribuenti italiani.

Quindi, se vogliamo fare una riforma fiscale, non dimentichiamoci delle bugie. L’Italia è il primatista della pressione fiscale più di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e USA. E dal prossimo anno le tasse aumenteranno ancora. La vera peculiarità è però la distribuzione del carico fiscale: in Italia tassiamo lavoratori e imprese più che in Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti. Allo stesso tempo scegliamo di tassare le proprietà immobiliari meno delle principali economie ricche del mondo: meno di Francia, Gran Bretagna, Spagna e USA. E molto di meno, almeno un punto di PIL di meno. Un punto di Pil sono 15 miliardi, una finanziaria che facciamo ogni anno senza nemmeno accorgercene. Per far ripartire l’economia dobbiamo tagliare le tasse su chi in questo paese lavora. Lo possiamo fare domani, senza produrre un euro di debito, portando l’imposizione sugli immobili a livelli europei. Avremmo così 15 miliardi di Euro, un punto di PIL, per detassare il lavoro. Meno tasse sul reddito per 15 miliardi vuol dire 550 euro in più per ciascuno dei 23 milioni di lavoratori italiani e per i 4 milioni di pensionati con la minima. Con un contributo medio di 40 euro al mese per ognuna delle abitazioni di questo paese, avremmo le risorse necessarie per incentivare chi lavora e sostenere chi è in difficoltà.

Il fisco in Italia non favorisce un modello di paese aperto e in trasformazione, ma quello di un’economia stanca e appagata. Tagliamo le tasse a chi cerca, malgrado tutto ma nell’interesse di tutti, di far ripartire questo paese. La buona notizia è che si può fare. A partire da oggi.

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