Avendo lanciato tempo fa l'attacco ai luoghi comuni, con un prezioso testo sull'immigrazione, ideato da Andrea Civati (che non è parente, ma un caro amico varesino), ho molto apprezzato il volume di Gianpiero Dalla Zuanna e Guglielmo Weber, Cose da non credere, pubblicato da Laterza.

Il libro è strutturato nello stesso modo del nostro. C'è il luogo comune e c'è la smentita, con i dati, e con le statistiche più aggiornate.

Il passaggio più attuale è quello dedicato alle pensioni e al luogo comune, appunto: «Ci vogliono far lavorare fino a cent'anni».

Ecco la risposta degli autori:

La scelta di rottamare gli anziani giovani, cioè di indurli ad andare in pensione prima, per creare posti di lavoro per i giovani è controproducente. Infatti, tanto più alta è la quota dei pensionati rispetto alla popolazione, tanto più alti saranno i contributi pensionistici o le tasse sui redditi di chi lavora e tanto minore sarà l'occupazione in equilibrio (per il classico effetto distorsivo delle tasse sul reddito da lavoro). In altri termini, non è un caso che gli stipendi netti in Italia siano relativamente bassi, mentre le imprese si lamentano dell'elevato costo del lavoro: sul lavoro dipendente gravano contributi pensionistici elevati, e imposte varie e onerose. Mandare più persone in pensione non aiuta di certo.

Gli autori, però, precisano anche che:

L'innalzamento dell'età pensionabile effettiva dai sessant'anni di adesso ai sessantacinque e oltre che ci aspettiamo in un futuro ormai prossimo richiede che le aziende e gli altri datori di lavoro riorganizzino la produzione in modo da sfruttare al meglio le conoscenze e le competenze della forza lavoro anziana, riconoscendone il desiderio di autonomia, ma soprattutto creando sinergie con la vivacità e l'entusiasmo tipici della forza lavoro giovanile.

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