Dal Corriere di oggi:

Innanzitutto il tempo. Per mandare in porto l'operazione che hanno in mente, infatti, i leader della minoranza interna hanno bisogno di arrivare alle elezioni nel 2013. Altrimenti, come ha ammesso Fioroni, «salta tutto». E quel che dovrebbe saltare è il tentativo sia di evitare un'alleanza stretta con Idv e Sel che di sostituire a Bersani un altro candidato premier. Il nome su cui si punta è quello di Matteo Renzi. Veltroni, infatti, non nutre più mire su quel ruolo. Piuttosto, vuole ritagliarsi uno spazio da «king maker». Anche Rosy Bindi, del resto, un'altra che punta a candidarsi come premier, ha bisogno di un orizzonte che non si fermi al 2012. Ma il tempo rischia di essere ben più esiguo. Il governo di transizione, infatti, sembra un'ipotesi più che mai tramontata: se cade Berlusconi, ci sono solo le elezioni. Così è stato interpretato al Pd il riferimento di Napolitano a Pella: il suo governo è stato quanto di più lontano dall'esecutivo di transizione guidato da Mario Monti di cui si è parlato ultimamente. E con il voto a breve termine il segretario diventa il candidato premier più probabile, benché Gentiloni continui a dire che «non è detto che sia Bersani nemmeno nel 2012».

Sono le stesse cose che ho detto uscendo dalla direzione di lunedì. Il gioco è scoperto. Bersani chiede le elezioni, come è ovvio che sia (c'è chi le chiede da un anno, per altro, senza essere ascoltato), e tutti gli altri, a cominciare dal suo vice, dal capogruppo alla Camera (che è entrato mesi fa in maggioranza), dal presidente del partito e da Veltroni (che sta facendo a Bersani quello che Bersani fece a lui), chiedono il governo tecnico. Per prendere tempo.

Il silenzio di D'Alema, sullo sfondo, li accompagna. Ciascuno di loro ha in mente un assetto, e un ticket tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Così si spiegano anche certi accostamenti sorprendenti, di cui si è letto nelle ultime ore.

Ciascuno di loro ha un'idea su chi dovrebbe fare il premier e la prima scelta è semplice, anzi, automatica: ciascuno pensa che il miglior premier sarebbe «se stesso». In subordine, «se stesso» fa il Presidente della Repubblica, e trova un amico che faccia il premier.

Siccome non ho affatto alimentato questa discussione, nonostante la fama di iconoclasta che mi sono guadagnato, trovo che questo partito dovrebbe affrontare di petto la questione. E dovrebbe anche risolverla, nelle prossime settimane, dandone puntuale notizia ai propri elettori.

Vorrei, però, che il messaggio fosse chiaro: non ho personalmente votato Bersani, ma so, come tutti quanti, che ha vinto un congresso, con il doppio turno, andata e ritorno, iscritti ed elettori, due anni fa. Faccio notare che, mentre prosegue il ventennio berlusconiano, il biennio si conferma il 'tempo' delle segreterie del Pd e dei governi di centrosinistra. E anche che quelli che lo hanno sostenuto e lo sostengono, devono dirci da che parte stanno. Subito, grazie.

Stessa cosa dovrebbe fare il segretario: dirci se si candida, o se ha in mente qualcun altro, perché un candidato del centrosinistra non può non essere condiviso dalla guida del principale partito della coalizione che si va formando (e che dovrebbe essere già formata da tempo, per altro). Sempre che l'attuale sia la vera guida del partito, chiaramente.

Perché tutti sappiamo che, se salta Bersani, salta tutto. E tutti saranno liberi di candidarsi e di promuovere la propria iniziativa politica. E la propria candidatura. Dentro e fuori dal Pd.

Cerchiamo di non fare gli stronzi. E parliamo chiaro.

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