Riparte il tormentone dell'estate. E come l'anno scorso, non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare. E stesso governo tecnico di unità nazionale, solidale, costituente, bipartisan (anzi, tripartisan, questa è la novità).

Popolino si arrabbia, Stefano ricorda chi sono stati i primi responsabili di questo scempio.

Nel frattempo, sui giornali è tutto un florilegio di soluzioni. Da quella «del Presidente» a quella del «tutti dentro», palesemente equivocabile, di questi tempi.

Forse sarebbe il caso di chiedere le elezioni, di costruire l'alleanza (il primo cerchio, sì, di quella lettera di Bersani a Repubblica di un anno fa, rimasta "lettera morta", purtroppo) e di pensare a che cosa proporre al Paese. Perché un ciclo è finito per gli altri. Cerchiamo di aprirne uno nuovo noi, di ciclo, e di dare un segnale, anche perché, al massimo, nel 2013 si andrà a votare (perché si andrà a votare, vero?).

Ecco, mancano meno di due anni, in ogni caso. E stanno finendo le estati delle soluzioni di Palazzo: la presente, quella dell'edizione 2011, segue una primavera ventosa e appassionata che sembra, per molti strateghi, un lontano ricordo, un fatto accidentale. Loro sotto l'ombrellone, il vento non sembrano sentirlo.

Non sembrano sentire nemmeno i discorsi dei vicini, e non vedono la risacca della cosiddetta antipolitica. No. Per loro va bene così. Buttarsi in acqua, poi, potrebbe essere rischioso. Sapete com'è, ci sono le maledettissime correnti.

E sembra non importare nemmeno il fatto che, se l'anno scorso il centrosinistra era più o meno alla pari della destra, ora i sondaggi dicono che è sopra di qualche punto (qualcuno dice dieci punti, addirittura).

Continuare a traccheggiare, ci fa solo perdere credibilità. E ci allontana dagli elettori, che iniziano a non poterne più. Se andiamo avanti così, si procureranno un pedalò. E faranno da soli.

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