Perché non sono intervenuto oggi? Perché è andata anche peggio di quello che avevo scritto questa mattina.

La direzione nazionale ha votato solo la parte introduttiva dell'ordine del giorno, tornando così – tutto sommato – alla presa di posizione dell'assemblea nazionale di un anno fa.

Rimane la delega ai gruppi parlamentari, per un testo tutto da scrivere.

Se non sono intervenuto, è stato per non aumentare – nel mio piccolo – l'entropia di un dibattito che giunge fuori tempo massimo e che ha l'unica conseguenza di smorzare le due proposte referendarie, più o meno targate Pd, che erano già in campo.

All'alba del luglio del 2011 non abbiamo ancora la proposta elettorale che avremmo dovuto avere nella scorsa estate, anche per costringere tutti quanti a un dibattito parlamentare più concreto e più definito sotto il profilo politico. Era la proposta di Alice, che qualcuno ricorderà, una giovanissima democratica, che proponeva la cosa più semplice del mondo.

In generale, la direzione di oggi conferma una brutta sensazione.

E lo dico, sia chiaro, non certo per parlare male di qualcuno (chissenefrega), ma solo per ragionare.

Ora il Pd si schiera contro i costi della politica: un anno fa, e ancora prima, chi ne parlava era salutato come un demagogo e un populista. Parlarne ora, però, sembra tardivo e parecchio sospetto.

Come tardiva e sospetta, a dirla tutta, è anche l'apertura ai movimenti, perché questa apertura – e questo ripensamento – avviene dopo la lunga campagna referendaria (che iniziò nella primavera del 2010), le piazze di tutti i colori e le elezioni amministrative.

Ora tutti 'sparano' sul governo tecnico, che però ha costituito, per noi, la madre di tutte le battaglie fin da quando Fini litigò con B (era il 22 aprile dello scorso anno).

La stessa auspicata unità all'interno e all'esterno si dichiara apertis verbis, ma si costruisce ancora troppo poco.

Lo dimostrano il voto sulle province (per citare soltanto l'episodio più clamoroso), dove abbiamo votato diversamente dall'Idv (e anche dell'Udc, per dire) e il fatto che ancora non ci sia una cabina di regia delle forze di centrosinistra (che si sono presentate insieme in tutto il Paese) anche a livello nazionale. E lo dimostra anche la discussione di oggi sulla legge elettorale, che non ha ancora trovato una soluzione.

Ecco, mi piacerebbe che i prossimi grandi processi politici fossero anticipati dal nostro partito e dalla coalizione di cui (ci piaccia o no) facciamo parte, e non commentati a posteriori.

Il mio è un consiglio e un impegno, non un messaggio per rompere le scatole. E i consigli che trovate qui sopra li conoscete benissimo, perché li ripeto da mesi. Vorrei che questi messaggi, come altri, e non certo solo miei, fossero presi per quello che sono. Senza troppa dietrologia e senza snobismi, però, perché i tempi sono ormai maturi per dirsi le cose con chiarezza.

Ieri mi pare di aver letto che un nostro dirigente, sulla base di uno schema esausto da mesi, chiedeva a Maroni di «farsi avanti». Oltre a non essere d'accordo, faccio la proposta più banale del mondo: facciamoci avanti noi. Che è già un bel modo per incominciare.

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