Quando, un anno fa, ci siamo messi al lavoro per redigere il Manifesto del partito dei giovani (uso il plurale perché è stato un lavoro collettivo), molti pensavano che intendessimo riferirci alla questione interna al Pd del benedetto ricambio generazionale. Noi dicevamo di no, e tutti a pensare, però, che sotto sotto lo stessimo facendo.

In verità, parlavamo e parliamo di un'urgenza. Di qualcosa di non rinviabile. Di questioni culturali, certo, e di linguaggio. E di codici. Ma soprattutto di politica e di scelte strutturali. Di un cambiamento che è necessario per evitare che il tessuto sociale si spezzi. E che ciò accada tra madri e padri e figlie e figli.

Perché ora la generazione precedente mantiene (la parola non potrebbe essere più adeguata) quella dei ventenni. Ma è un circolo vizioso. Pericoloso e destinato a consegnare il Paese e il sistema economico a una involuzione senza prospettive. Anzi, con un'unica prospettiva sicura: che le cose continueranno a peggiorare, se non si interviene ora, con scelte coraggiose e con il concorso di tutti.

Non so se gli indignados arriveranno anche da noi, seguendo quel percorso di Annibale che dalle coste nordafricane sta portando all'Europa.

Una cosa è certa, come scrivevamo già: sono solo ragazzi, e bisogna prenderli sul serio proprio per questo. Proprio perché sono ragazzi. Proprio perché manifestano un disagio colossale e perché chiedono la cosa più antica del mondo: di essere rappresentati, di avere interlocutori affidabili, di ricevere soluzioni ai propri problemi da parte di una politica che per anni, anche in Italia, ha fatto finta che non ci fossero.

Enea chiama Anchise. Speriamo che Anchise risponda, perché è già molto tardi.

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