Luca ragiona sulla vicenda Bindi-P2-Cicchitto, parlando di passaggio dall'Aventino al Flaminio. Secondo me, il punto, se posso, è proprio quello di uscire dalle mura aureliane di Roma.

Il Palazzo è in fiamme, l'indignazione è generalizzata (e coinvolge ormai anche i rappresentanti politici, comprensibilmente esasperati), ma non siamo stati capaci, finora, di lanciare un messaggio di liberazione e di superamento (nonostante la campagna di manifesti a tappeto ci inviti a farlo). Non siamo riusciti a portare nella società italiana una concreta rappresentanza all'esigenza di cambiamento che pure esiste, qualcosa che corrispondesse alla domanda di politica che pure nel Paese cresce.

Non è colpa di nessuno, si dirà, però mi pare che il nostro dibattito alberghi ancora troppo nel Palazzo e nelle sue dinamiche.

In altri Paesi, la soluzione è stata trovata individuando un leader e una proposta politica da presentare ai cittadini, organizzata come si conviene in una società moderna. Mancando il primo, perché la collezione primavera-estate ci dice Luca Cordero di Montezemolo (ma anche no), forse sarebbe il caso di programmare una campagna politica, in cui il Pd esca dai manifesti e scenda dai tabelloni, sulla base di parole chiave (e chiare) e un messaggio rivolto alle prossime elezioni (non ci interessa sapere se saranno nel 2012 o l'anno successivo).

L'anno scorso promettemmo una campagna d'estate che non si fece mai, un porta-a-porta registrato solo dai sismologi più sofisticati e una selva di interviste in politichese arcaico. Oggi non sembra d'attualità nemmeno investire tutte le nostre energie sulle Comunali e sui referendum, mentre è da lì che dovremmo ripartire.

Etsi B non daretur, diceva qualcuno. Forse sarebbe sufficiente registrare B come un 'dato' antropologico e naturale e provare a rovesciare la prospettiva. Secondo me, così facendo, cambierebbero molte cose. Aprire le finestre, forse, farebbe cambiare aria anche alle stanze sorde e grigie del Palazzo. Tentare non nuoce.

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