Il Pd attacca la Lega con i manifesti dello spadino, rivendica il principio dei due mandati, chiede elezioni subito e si dichiara pronto a scendere in piazza.

Tutte cose molto inattuali, un anno (anzi, qualche settimana) fa. La 'giusta' direzione, con cui tanto si polemizzò, questo diceva. Questo chiedeva: che il Pd perdesse la paura, abbandonasse i tatticismi, non vivesse solo di alleanze. Credesse, infine (anzi, all'inizio), alla propria autonomia e alla qualità della propria proposta, investendo sul proprio profilo politico. Perché fosse riconoscibile e autorevole, al di là delle viete formule della cosiddetta «vocazione maggioritaria».

Eppure, quando un anno fa chiesi al Pd di chiedere le elezioni, lanciando la sfida, mi si spiegò che era una posizione prepolitica. Ora, sondaggi alla mano (proprio quei sondaggi che si negava di voler anche solo guardare), qualcuno pare avere cambiato – completamente – idea.

Eppure, quando si chiese, da più parti, la mobilitazione, ci venne risposto che era soprattutto un gioco parlamentare, quello a cui guardare, con determinazione.

Eppure in direzione, all'inizio dell'anno, fui l'unica voce critica, rispetto all'andazzo generale. Con una sensazione di spaesamento che volli raccontare. 

Eppure, quando criticai l'apertura alla Lega, mi si accusò di scarsa lealtà alla «ditta» (che non è una «ditta», tra l'altro).

Eppure, quando parlammo di ricambio, sembrava che qualcuno volesse lanciarsi all'arrembaggio, senza alcun costrutto politico (anche se, vi dirò, quando vedo Montezemolo, un po' giovanilista lo divento).

Così per la cronaca, prima che si cambi idea un'altra volta.

Se lo richiamo oggi, non è per dire «ve l'avevo detto», ma per chiedere che si tenga questa linea e questa direzione (appunto) per qualche tempo. Perché le incertezze sono il vero problema del Pd, fin dalla sua fondazione. E danno quella impressione, che stiamo sempre sulla difensiva, che ci fa perdere voti. E ci fa passare anche la voglia.

Per aspera ad astra.

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