Questa sera guardavo un talk show e pensavo: è il giorno della marmotta. Sul serio. E non solo nel senso del film, che tutto si ripete all'infinito. No, anche rispetto alla tradizione della festa popolare della Pennsylvania.

Perché alla marmotta è affidato il compito di stabilire la fine dell'inverno. E in quel caso, come nel nostro, le previsioni sono rovesciate: se il cielo è nuvoloso, la marmotta non vede la sua ombra, non si spaventa e l'inverno finisce presto. Se c'è luce, la marmotta si spaventa dell'ombra e l'inverno durerà ancora per settimane e settimane, legislature e legislature.

A me sembra tutto così chiaro, che forse, come la marmotta, sbaglio completamente: mi sembra il momento – come ripetono tutti – di «andare oltre» e, invece, più lo si dice, più ci si avvita e si rientra nello schema di sempre, con un lavorio instancabile che finisce per confondere anche le menti più lucide.

Il sorpasso, dovremmo auspicare. La leadership nostra, dovremmo volere, non esternalizzarla, come in Brianza, dove si direbbe che si dà fuori il lavoro. Perché se la leadership la cedi, poi non ti torna più indietro.

E, certo, la mobilitazione delle coscienze. L'indignazione e tutto il resto. Perché diventi produttiva, però, perché ci dica qualcosa su di noi, non solo per raccontarcela.

B è immondo: certamente, va detto e ripetuto. Il problema è che questo non cambia gli equilibri politici. Lo sanno anche le marmotte.

Una volta chiarito che Ruby non è la nipote di Mubarak (con buona pace dei parlamentari che hanno votato quell'idiozia), si dovrebbe andare oltre, appunto, e dire che cosa si fa per le donne, per i giovani, per la convivenza con gli stranieri e le regole che tutti dobbiamo seguire, per rimanere sul punto.

Dire di Marchionne e del suo cervello in fuga (any sense). Del fatto che stiamo diventando vecchi (collettivamente) e non abbiamo molte idee in proposito. Che non riconosciamo più le cose che ci fanno bene e quelle che ci hanno avvelenato, in questi anni, in cui hanno sbagliato quasi tutti. E che non si offenda nessuno, perché non è proprio il caso.

All'uopo, le lenzuolate vanno benissimo, ma forse andrebbe ancora meglio un tovagliolino di carta su cui scrivere tre proposte esemplari, di quelle che cambiano le stagioni politiche, che attirerebbero la curiosità delle marmotte. E non solo.

Bisognerebbe dichiarare una volta per tutte a chi ci si rivolge, perché oltre ai casini e ai Casini, ci sarà pure un elettorato che si è chiamato fuori (pare non sia mai stato così numeroso) e che, proprio perché è indeciso, alla fine, deciderà l'esito della competizione.

Fa ancora freddo, certo, ma lo spazio politico è infinito, di fronte a noi.

Ci sono un sacco di domande da porci (absit), ancor prima delle risposte da dare, a meno che qualcuno voglia ancora discutere di cose totalmente inutili.

Ci sarà pure qualcuno interessato a capire perché siamo diventati quasi tutti più poveri (con monumentali eccezioni), meno istruiti, meno competitivi e più tristi?

Come la marmotta, non spaventiamoci della luce del sole, non ritorniamo – con una coazione a ripetere che contagia tutti – a frequentare l'inverno del nostro scontento (e marciume e tristezza). E non curiamoci della nostra ombra, di quello che è successo nel 1998 o nel 2001. Non se ne può più.

Sono vent'anni, porca merda, che vediamo lo stesso spettacolo. Ci sarà una via razionale e un po' appassionata, senza strappi ma anche senza incertezze, per raccontare qualcosa di diverso. Per passare il testimone a qualcun altro, che ci parli d'altro.

Non di ben altro, d'altro. A volte basta, a volte la salvezza è a portata di mano. Sul tavolo, dimenticata, perché l'abbiamo avuta sempre sotto gli occhi. Solo che era nuvoloso e non la vedevamo bene.

La marmotta direbbe che sono le nuvole a dirci che l'inverno è finito. Chissà perché ce ne siamo dimenticati.

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