Siamo nel 1994. Veltroni lancia la sua corrente. Anzi, no. Era una fondazione. Prima. Ora è un movimento. Qualcuno teme sia di carattere religioso. Per battezzarla, spiega che Bersani come candidato premier non funziona. Nel caso voleste aderire, attenti alla rima: Veltroni, Fioroni, Gentiloni. Franceschini e Marini, per ovvi motivi, s’incazzano. Settimana scorsa c’erano stati i dalemiani. Che hanno però subito ‘ritrattato’ il documento, perché anche quello, guarda caso, finiva con l’andare contro Bersani. Mi chiedo se si rendano conto. E mentre tutti parlano di rom, oggi, il Pd, sui giornali, parla di Pd. Una strategia per vincere. Di sicuro.

Dal momento che se ne leggono di ogni sul conto di Renzi e mio (post-veltroniani, giovanotti con la j e rottamatori, i nomignoli più gettonati), segnalo che a Firenze, all’inizio di novembre, saranno invitati tutti. Ma proprio tutti. Giovani (turchi e non turchi), quelli che hanno fatto il ’68 e quelli a metà strada. Non si fonderà alcuna corrente. Né ci saranno i cognomi. Sotto. Né ci si occuperà del Pd, men che meno della questione della leadership. Si parlerà di cose da fare. Per il Paese. Per i prossimi anni. Non per i precedenti, come sembrano voler fare tutti quanti, in questi giorni di settembre, alla ripresa. Delle polemiche.

Una sola precisazione interna (intima, quasi): vorrei dire che il Congresso, iniziato di fatto a metà febbraio del 2009, è finito (o quasi, perché in periferia la conta prosegue, incredibilmente), e l’ha vinto Bersani anche grazie a D’Alema. Che Walter, quello del Pd delle origini, si era dimesso, offrendo agli ‘altri’ la possibilità di prendere il suo posto. Che insieme, gli ‘uni’ e gli ‘altri’, erano stati protagonisti della stagione del secondo governo Prodi, anche se tutti, ora, sembrano far finta di niente.
Che è un po’ difficile rimproverare al segretario degli ‘altri’, ora, di non avere la «vocazione maggioritaria», perché quella vocazione lì, Bersani non ce l’ha. A lui gli piace l’alleanza con l’Udc, ce n’è poche di storie.
Che piuttosto sarebbe da chiedergli conto del fatto che, se è possibile, il partito è meno «strutturato» di prima (altro must dello scorso anno), che le tessere non si sa nemmeno quante siano (e come mai siano precipitate, soprattutto in alcune zone del Paese), che alcune questioni di non poco conto, sotto il profilo culturale, non siano nemmeno più considerate. E che, da ultimo, se si annuncia la campagna d’estate e il porta a porta, poi magari li si fa. Anche. Ecco cosa chiedere a Bersani.

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