Che non si va a votare? Perché molti di “quelli che sanno le cose” avrebbero scommesso su novembre. E invece qualcuno inizia a pensare che non si voti nemmeno a primavera. In ogni caso, conviene far politica. Mettere a fuoco gli argomenti, le parole, gli strumenti. Dare il via a quella mobilitazione annunciata quest’estate (il più grande porta-a-porta del mondo mundial) e proporsi al Paese con alcune campagne riconoscibili, al di là del condivisibile concetto per cui «è finita la pazienza» che campeggia sui nuovi manifesti di Bersani. Comunque vada, c’è da fare proposte al Paese. Tutto il resto è un rumore lontano. Che rischia di allontanarsi, tra l’altro, ancora un po’.

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