La questione della casa è sempre di più la metafora dell’Italia di oggi e per sineddoche descrive perfettamente la qualità della proposta politica del governo nel suo complesso. Dopo il fallimento totale del piano casa, che doveva essere una misura rivoluzionaria in un anno in cui non c’era la crisi (il 2009) per rilanciare l’economia nell’anno in cui doveva esserci la ripresa, e invece c’è la crisi (il 2010), ecco che il governo si inventa l’«emersione delle case fantasma». Il genere letterario è noto: parole dolci per dire cose brutte, dallo «scudo fiscale» al «processo breve»: eufemismi di governo.
Scrive Roberto Della Seta:

È la specialità del berlusconismo: mascherare le peggiori schifezze sotto nomi edulcorati. L’hanno fatto infinite volte, l’ultima chiamando legittimo impedimento l’impunità per i potenti. Lo fanno di nuovo con questa manovra finanziaria, dove il terzo condono edilizio dell’era Berlusconi è ribattezzato come “emersione delle case fantasma”. Ma la sostanza non cambia: con il pretesto di regolarizzare qualche migliaio di vecchi casolari sconosciuti al catasto, si prevede la sanatoria sia fiscale che urbanistica di centinaia di migliaia di abusi edilizi.
La prima a festeggiare per questa scelta è l’ecomafia, vero dominus del cemento illegale: basti dire che due terzi dei comuni campani sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali, sono stati azzerati per vicende di abusivismo edilizio. […] Negli ultimi tre decenni, almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni è
nato illegale, e la percentuale è almeno doppia nelle regioni meridionali. Tre condoni generalizzati (1985 Craxi, 1994 e 2003 Berlusconi) hanno sanato buona parte di questa immensa megalopoli abusiva, il quarto completerà
l’opera legalizzando anche gli abusi degli ultimi sette anni. Qualche miliardo di euro l’incasso per il fisco, incomparabilmente maggiori le perdite, anche le perdite economiche. È come se le classi dirigenti, in
particolare la destra per la quale condonare – condonare tutto: abusi edilizi, evasione fiscale, esportazioni di capitali – è un irresistibile riflesso pavloviano, s’impegnassero da una quarto di secolo per favorire la devastazione dell’ambiente, del paesaggio, e così facendo minassero uno dei principali punti forza – punto di forza anche economico, competitivo – dell’identità italiana. Questa cecità è uno dei grandi mali italiani, e un
potente alimento per i rischi di declino nazionale: l’etichetta di “bel paese” rappresenta infatti un formidabile marchio di fabbrica per il made in Italy nel mondo, trasformarla in pubblicità ingannevole significa lavorare
contro il bene comune.

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